Porte aperte. Caritas durante l'emergenza Covid-19
Intervista a don Alessandro Mayer, direttore della Caritas diocesana di Oria
Esplode l'emergenza sanitaria causata dal Covid-19 e in pochi giorni Caritas diocesana di Oria ha dovuto "convertire" la propria linea operativa da un'azione di aiuto ordinario a una serie di azioni di sostegno straordinario, moltiplicando i le proprie attività in modo tale da soddisfare le esigenze del territorio, alcune del tutto nuove e imprevedibili. Non solo "pacchi" ma anche ascolto e supporto sociale continuato.
In questa intervista don Alessandro Mayer, direttore di Caritas diocesana Oria, racconta quanto fatto fin dagli inizi di marzo e come la struttura Caritas della nostra diocesi sia diventata esempio in tutta Italia, suscitando l'attenzione della stampa nazionale.
Come ha vissuto la Caritas in questo periodo in cui c’è stata una chiusura delle chiese?
Parlare di “chiese chiuse” durante questo periodo di emergenza non è proprio corretto. Se guardiamo alla vita delle nostre comunità cristiane nel campo della carità in questi due mesi… altro che chiese chiuse! Sono state apertissime!
Le Caritas parrocchiali sono state molto attive e sono state capaci di animare il territorio e suscitare condivisione. Sono state più di 2.000 le famiglie che hanno ricevuto aiuti dalle parrocchie della nostra Diocesi in questo periodo di emergenza, il che vuol dire che oltre 5.000 persone hanno usufruito di generi alimentari e prodotti per l’igiene. Tre parrocchie hanno anche tenuto aperte le mense, trasformandole in distribuzione di pasti caldi.
La Caritas Diocesana ha incoraggiato e sostenuto queste attività, tenendo salda la rete di rapporti, attraverso un ampio gruppo WhatsApp per la preghiera quotidiana con tutti i volontari delle Caritas parrocchiali e gli “amici di Caritas”, ogni giorno alle 12. Poi con un intenso contatto con i vicari zonali. Inoltre sono state messe a disposizione delle parrocchie delle risorse aggiuntive.
Oltre 10 tonnellate di generi alimentari e prodotti per l’igiene.
Poi anche risorse economiche per integrazioni al reddito o pagamento utenze: ne sono state effettuate oltre 70 su tutto il territorio diocesano, per un importo di oltre 30.000 euro.
In questi giorni stiamo distribuendo alle parrocchie altri 500 buoni spesa da 20 euro dedicati soprattutto agli acquisti di prodotti farmaceutici, grazie ad una donazione della “Fondazione Puglia”. Lo stiamo facendo ora, perché gran parte dei Comuni hanno già esaurito le risorse a loro disposizione. Ed ancora 3.600 euro in buoni spesa Coop Alleanza 3.0, donati proprio dalla stessa Azienda.
Sta partendo in questi giorni, un’indagine accurata che riguarderà tutte le parrocchie di Puglia, per fornire un quadro dettagliato delle attività svolte e soprattutto dei bisogni emersi.
Perché un’indagine? È proprio necessaria?
Gesù, quando ci raccomanda di fare l’elemosina, usa la famosa espressione “non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra” (Mt 6,3), proprio per ricordarci che la segretezza e la discrezione sono caratteristiche essenziali della carità, come espressione operante della fede nel Padre che… vede nel segreto. Tuttavia lo stesso Gesù, ricordando che chi vive nel suo amore e nel suo “stile” è luce del mondo, chiede che questa luce non sia nascosta, proprio “perché vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli” (cf. Mt 5,14-16). Esiste dunque un equilibrio tra il nascondimento necessario nelle nostre opere di carità, soprattutto quelle personali, gli atti di amore gratuiti di ciascuno di noi, e la testimonianza della carità della comunità, che costituisce una “luce” visibile da tutti.
Ma il motivo principale per cui è importante un’indagine è che la Chiesa è chiamata a prendere le difese di chi è indifeso. Qualche anno fa la Caritas diocesana pubblicò un piccolo report e lo intitolò significativamente “Ti conto perché conti”. Per la Chiesa i poveri contano! Ed è importante studiare anche le cause della povertà e farsi voce di chi non ha difesa. Questo è irrinunciabile per la Chiesa.
Ci può anticipare qualche dato che sta emergendo?
Possiamo fornire i dati precisi delle attività dirette della Caritas diocesana di Oria nei mesi di marzo e aprile, su due servizi essenziali che sono stati mantenuti in vita: l’ascolto e l’accompagnamento delle persone e l’Emporio della Solidarietà.
In soli due mesi sono state 206 le famiglie intercettate dal centro di ascolto telefonico, sono state effettuate e ricevute 412 telefonate e 340 diverse conversazioni WhatsApp.
Non potendo tenere aperto il Centro di ascolto diocesano nel modo tradizionale, si è istituito un numero telefonico funzionante praticamente h24.
Dei volontari hanno recepito le prima richieste delle famiglie e le hanno smistate all’équipe del Centro di ascolto che ha cercato di rispondere in tempi brevi. Sono tante le famiglie che hanno ringraziato gli operatori e i volontari non solo per i beni o per le erogazioni ricevute ma anche e soprattutto per l’attenzione loro rivolta attraverso le tante telefonate, messaggi. Significativa una delle ultime chiamate da parte della signora C.M., affaticata dalla presenza in casa del figlio tossicodipendente agli arresti domiciliari: “Non mi serve niente per adesso, ma volevo chiedere alla signora che mi ha chiamato la volta scorsa se mi può chiamare ancora, perché mi sono sentita bene a parlare con lei”.
Poi, appunto, l’Emporio.
Nelle prime settimane dell’emergenza è continuato il servizio tradizionale della spesa diretta, pur contingentando gli arrivi degli utenti con calendari ed orari prestabiliti, consentendo l’accesso di massimo due persone per volta con adeguato distanziamento e con l’utilizzo di DPI.
Nel periodo tra metà marzo e fine aprile, il servizio è stato svolto invece attraverso le consegne a domicilio, avvenute ad Oria grazie alla collaborazione della Protezione Civile e negli altri comuni grazie agli stessi volontari di Caritas diocesana.
Il servizio a domicilio non è stato effettuato con la confezione di pacchi prestabiliti, ma è stato consentito alle famiglie di effettuare un ordine sulla base di un “paniere” contenente circa 50 differenti generi alimentari e prodotti per l’igiene e altri 30 differenti prodotti per l’infanzia.
Poi, dopo la fine della fase 1 del lockdown e anche adesso, l’Emporio ha ripreso a funzionare nella maniera tradizionale, sempre con ingressi contingentati.
In totale negli ultimi due mesi hanno usufruito dell’Emporio 195 famiglie. Le spese dirette sono state 232, le consegne domiciliari 185, per 161 famiglie. Abbiamo stimato che il valore commerciale dei prodotti erogati supera di gran lunga i 25.000 euro.
È stato un impegno fuori dall’ordinario quindi?
Sì certamente. Si pensi che, solo relativamente all’attività dell’Emporio, il numero di famiglie è esattamente il doppio di quelle registrate nei mesi di gennaio e febbraio, che erano 99. Lo stesso dicasi dell’ammontare dei prodotti erogati.
L’impiego di risorse economiche da parte della Diocesi di Oria è stato straordinario, possiamo dire quadruplicato, sia per l’acquisto di prodotti messi a disposizione, non potendo contare sulle “raccolte porta a porta”, sia per pagamenti di utenze e di erogazioni dirette a numerose famiglie.
Si può parlare quindi di “nuove povertà”?
Io preferisco parlare di nuovi poveri e vecchie povertà.
La maggior parte delle persone “nuove” che si sono rivolte in Caritas in questo periodo sono famiglie di lavoratori irregolari. La mia impressione è che non si tratti di una povertà legata direttamente al coronavirus, quanto più l’emergenza di una precarietà legata ad ingiustizie del passato, che ovviamente l’emergenza COVID ha fatto emergere. Abbiamo incontrato muratori, imbianchini, piastrellisti, mercanti, camerieri, cuochi, donne e uomini delle pulizie, badanti… Persone che lavoravano a nero ed erano dipendenti dalla paga settimanale o giornaliera, che all’improvviso si sono trovati senza introito e senza alcuna garanzia. Grave anche la situazione dei braccianti, soprattutto delle braccianti donne, le quali dipendono dal lavoro a giornata nelle pianure della vicina Basilicata o della parte ovest della provincia di Taranto. Anch’esse si sono trovate da un momento all’altro senza lavoro. Abbiamo intercettato anche famiglie di giostrai bloccati lì dove si trovavano all’avvio del lockdown!
Quali programmi per il futuro?
Innanzi tutto continuiamo su questa linea tracciata in questi giorni, impiegando la maggior parte delle energie nell’ascolto delle persone e nel sostegno delle Caritas parrocchiali.
Certamente poi sarà necessario fare i conti con i dati che emergeranno dall’inchiesta e chiedersi che tipo di risposta si potrà dare come comunità cristiana.
Un punto di forza delle nostre comunità è da sempre la capacità di condividere. Lo abbiamo sperimentato con le raccolte porta a porta da anni ormai, lo abbiamo toccato con mano in questi due mesi nella gara di solidarietà nei vari comuni e nelle parrocchie. Per questo in ogni parrocchia, sin da oggi, per volere del Vescovo sarà presente una cassetta delle offerte dedicata ai “nuovi poveri”. Ma sarà soprattutto l’impegno delle persone a prendersi cura dei propri poveri a fare la differenza. L’emergenza ci pone una sfida e diventa un’opportunità: passare dall’elemosina al dono.
(a cura dell'Ufficio diocesano per le Comunicazioni sociali e la Cultura)