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Omelia del vescovo Vincenzo nella Solennità di San Barsanofio Abate 2024

Oria, 30 agosto 2024 - Chiesa Cattedrale

Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna” (Mt 19, 29).

Chissà quante volte abbiamo ascoltato questa parola di Gesù, quante volte ci siamo lasciati attrarre dall’iperbole che il Maestro utilizza per rivelarci la grandezza infinita dell’amore di Dio per l’umanità e, magari, abbiamo pensato che non sarebbe possibile ricevere cento volte di più rispetto all’eventuale rinuncia che ci veniva richiesta. Chissà quante volte abbiamo cercato di fare i conti per capire quanto ci conveniva la promessa di Gesù: uno a cento è un interesse molto alto! Lasciare una casa, un campo e riceverne cento….. potremmo davvero diventare ricchi! La promessa della moltiplicazione delle persone - fratelli, sorelle, padre, madre e figli - magari ci è sembrata improbabile, difficile da pensare: passi per i fratelli, le sorelle e i figli, ma come si fa ad avere cento padri e cento madri? E così, con questi dubbi che ci suscitano le estremizzazioni del Signore, abbiamo abbandonato questa Parola, credendola irrealizzabile, e non ci siamo resi conto della promessa finale che fa Gesù: “e avrà in eredità la vita eterna”!

Siccome la Parola del Signore non è vuota, detta solo per dire, per riempire un discorso, per infatuare una folla, per attrarre a sé chi la ascolta, come avviene nelle tante parole umane che sentiamo e che diciamo -basterebbe solamente fermarsi un po’ dinanzi al televisore per sentire quante chiacchere vengono proposte!-, ma è una Parola creativa, che realizza ciò che dice e promette, una Parola che, proprio per questo suscita fiducia, allora è necessario che la prendiamo in seria considerazione perché la promessa che anche oggi abbiamo ricevuto è una promessa di vita che non finisce, di vita eterna, di beatitudine senza fine, di gioia duratura.

È una Parola che ci proietta nel futuro e ci impone di guardarlo in faccia, di conoscerlo perché quello sarà il nostro destino, quello deve essere la nostra metà, quello deve diventare l’orizzonte delle nostre scelte di ogni giorno, qui, in terra!

Chiediamoci: quanto pensiamo al nostro futuro? E a quale futuro pensiamo? Tutto ciò che introiettiamo dai mezzi social ci proietta ad un futuro intra mondano, ad un futuro che è destinato, già nella sua origine, a terminare, a non avere sviluppo. Pensiamo a ciò che ci viene proposto come strumento di comunicazione, ad uno smartphone, che dopo sei mesi è già desueto, bisognerebbe cambiarlo. Pensiamo al lavoro: va bene per un breve tempo ma non c’è sicurezza per l’avvenire. Pensiamo alla salute: ci si cura ma per affrontare la prossima patologia. Pensiamo alla famiglia, la cellula fondamentale della società: oggi si forma ma domani si può disfare, anzi, ci viene detto che è meglio che si disfaccia!

E allora, qual è il futuro a cui pensiamo? Per quale futuro impieghiamo le nostre energie? Quante ne sprechiamo per ciò che passa?

Gesù, oggi, ci inchioda ad una idea precisa di futuro: la vita eterna! E questa vita, questo futuro non è qualcosa che noi possiamo darci, che possiamo costruire con la nostra scienza, con le nostre conoscenze, con il nostro saper fare. È una vita che ci viene donata e non solo per un tempo, ma per l’eternità! Per sempre, per sempre!

Allora vale la pena fermarsi a considerarla, prenderla su serio, vedere cosa possiamo noi fare, oltre che accoglierla come dono, per esserne partecipi.

Il nostro santo Patrono, san Barsanufio di Gaza, ci istruisce bene a tal proposito. Nell’Epistola n. 149, Egli risponde ad un suo discepolo con queste parole, assai importanti anche per la nostra vita attuale: “Conosco un uomo, ed è qui in questo benedetto cenobio -ma non si dica che io parlo di me stesso e qualcuno mi consideri qualcosa mentre sono niente- che, se rimane così com'è, senza mangiare, senza bere, senza rivestire un abito, fino al giorno in cui il Signore lo visiterà, non avrà bisogno di queste cose in eterno, perché il suo cibo e la sua bevanda e il vestito è lo Spirito Santo. Se dunque vuoi imitarlo, affaticati, sforzati, temi Dio e compì la sua volontà, poiché egli ha detto che «farà la volontà di quelli che lo temono» (Sal 144, 19)”.

Per essere rivestiti di Spirito Santo, per avere il timore di Dio e compiere la sua volontà, cosa dobbiamo fare?

In altre parole, qual è il percorso per ereditare la vita eterna?

Secondo il pensiero del nostro grande Patrono, sono tre i gradini da salire:


  1. abbandonare rapidamente il peccato;

  2. lasciare le volontà naturali;

  3. seguire le volontà soprannaturali.


Scrive san Barsanufio: “… I pensieri che provengono dai demoni anzitutto sono tempestosi e pieni di tristezza, e trascinano indietro segretamente e sottilmente: si vestono di pelli di pecore -insinuano cioè pensieri di giustizia- ma di dentro sono lupi rapaci. Mediante apparenze buone, mentre sono nocivi, rapiscono e seducono il cuore dei semplici. Poiché è stato scritto a proposito del serpente che è il più astuto, sorveglia sempre la sua testa, perché egli non trovi in te un'apertura e con essa un'abitazione, e infine operi la devastazione. Se dunque anche tu desideri divenire spirituale, deponi le opere della carne, perché, ciò che uno rinnega, questo anche rigetta” (Ep. 125).

Ecco il primo passaggio fondamentale: abbandonare le opere della carne, cioè il peccato, tutto ciò che si contrappone a Dio e al prossimo. San Paolo, nella lettera ai Galati, ci offre un elenco dettagliato delle opere della carne che dobbiamo abbandonare per ereditare la vita eterna: “Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere” (Gal 5, 19-21). Questo lungo elenco non solo ci offre la tipologia dei peccati che dobbiamo abbandonare, ma ci da anche l’idea concreta dello stile di vita dell’uomo peccatore, dell’uomo lontano da Dio e dal prossimo. Non mi fermo a commentare le singole opere della carne: le lascio alla vostra intelligenza spirituale e al vostro desiderio di raggiungere la vita eterna, di diventare partecipi della promessa che ci ha fatto Gesù nel Vangelo che abbiamo ascoltato. Solo desidero dire con grande forza e con l’autorità del successore degli Apostoli che queste opere devono essere abbandonate rapidamente, dobbiamo allontanarcene -qualora ci trovassimo in qualcuna di esse- con grande velocità, senza esitazioni, come quando si fugge da un incendio di grandi proporzioni, per non perdere la vita. Non possiamo sostare nel peccato, perché, come ci ha detto san Barsanufio, rimanere nel peccato è offrire al demonio un’apertura per permettergli di entrare nella nostra coscienza, prendervi dimora e, alla fine, devastarla! Ecco, questo è il primo gradino! Ed è urgente!

Il secondo passaggio comporta di lasciare le volontà naturali, cioè quelle volontà che di per sé non sono cattive ma possono risultare di impedimento nel raggiungimento della vita eterna.

È ancora san Barsanufio che ci indica la strada. A Doroteo, suo figlio spirituale, che gli chiedeva cosa fare, dal momento aveva dato in beneficenza i suoi beni ma aveva trattenuto un po’ di terreno per il suo mantenimento, il nostro grande Anziano così risponde: “Lasciare la propria volontà è versare sangue. Ciò significa che uno deve faticare fino alla morte per annullare la propria volontà; e la parola: «ecco, abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito» riguarda la perfezione, e non un poco di terreno e di beni, bensì i pensieri e la volontà. Ma tu non sei ancora giunto a questa perfezione; quando ti ci sarai avvicinato, allora udrai ciò che dovrai fare. Per ora, questo solo: sii senza preoccupazioni, libero da ogni affare e pensiero; e il terreno tientelo ancora per il tuo mantenimento. Il Signore Gesù Cristo ti porti a quella gioia ineffabile, poiché egli è la luce eterna. Amen” (Ep. 254).

C’è una gradualità nell’abbandonare la propria volontà naturale. Ma tale gradualità è indicata come una lotta, come un versare il proprio sangue. E questa fatica dobbiamo sopportarla sino alla morte, senza mai distaccarcene, senza mai sottovalutare la lotta. Ogni volta che abbiamo sottomesso la nostra volontà alla volontà di Dio, siamo diventati un po’ più forti, più capaci nella lotta continua, un po’ più vincitori. Per questo non dobbiamo mai abbassare la guardia ma essere attenti e vigili su noi stessi. D’altra parte, san Barsanufio ci dice che ci sarà suggerito ciò che dovremo fare quando ci saremo avvicinati alla perfezione, perché è lo Spirito Santo che, essendo il nostro Maestro interiore, ci istruisce su ciò che dobbiamo fare per progredire verso la vita beata. Ad una condizione: che il nostro orecchio sia teso alla voce dello Spirito e che ci lasciamo istruire dai padri nella fede. Ancora san Barsanufio: “Carissimo, spera nel Signore… e ti conceda le richieste del tuo cuore, e digli in ogni circostanza: avvenga, Signore, non come voglio io, ma come vuoi tu, ed agirà con te secondo la tua volontà. Ascolta, figlio, il discernimento dei pensieri che hai chiesto. Quando il pensiero ti sospinge a fare qualcosa secondo questa volontà e trovi gioia nella cosa ma anche afflizione che vi si oppone, sappi che è di Dio e lotta per resistere... E adempì la volontà di Dio” (Ep. 125).

Ecco come fare per lasciare progressivamente le nostre volontà naturali.

E, infine, vi è il terzo passaggio: seguire le volontà soprannaturali. L’istruzione del nostro grande Anziano giunge al suo apice quando, incoraggiando ancora il figlio spirituale Doroteo, illumina anche noi in questo terzo gradino: “Che cosa aveva lasciato Pietro, che non era ricco, da vantarsene, se non le sue volontà naturali? Se l'uomo non muore alla carne vivendo per lo Spirito, non può risuscitare: come non rimangono affatto con il cadavere le sue volontà naturali, così nemmeno con coluiche spiritualmente è morto alla carne. Se dunque sei morto alla carne, come vivono in te le volontà naturali? Ma se tu non fossi nella misura spirituale, bensì ancora infante di mente, umiliati davanti al maestro, affinché ti corregga con misericordia, anche se a te sembra buono ciò che appare: la luce dei demoni infatti diventa alla fine tenebra. Se dunque, nell'ascoltare o pensare o vedere qualcosa, il tuo cuore è un po' turbato, questo viene dai demoni. Accogli perciò le cose che ti sono state scritte in sintesi, con la fiducia che, sudando in esse, ti dà di progredire Dio che dona a tutti di essere sempre con i suoi santi per compiere con loro la liturgia, gioire e co-ereditare i suoi beni, in Cristo Gesù nostro Signore, al quale è la gloria nei secoli. Amen” (Ep. 125).

Seguire le volontà soprannaturali è trovare pace nella Parola di Gesù, è seguirla senza esitazione, con sacrificio ed impegno, col sudore di sangue, direbbe il nostro Patrono.

Appare evidente che i passaggi sono conseguenti, quantunque il primo –cioè lo stato di peccato- deve essere subito abbandonato perché altrimenti non si può passare al secondo, mentre tra il secondo -abbandono delle volontà naturali- e il terzo -sequela delle volontà soprannaturali- il Signore può permettere delle coesistenze per la nostra maggiore crescita. Certamente dobbiamo prendere consapevolezza che questo cammino è faticoso e prevede la lotta continua e costante, ma la meta, la promessa che ci ha fatto il Signore Gesù nel Vangelo, è talmente entusiasmante che sarebbe da stolti non pensare e camminare verso l’eredità promessa!

San Barsanufio interceda per tutti noi, Fedeli, Religiosi, Clero e Vescovo, una volontà forte e consapevole per giungere alla vita eterna, quella vita che la liturgia domenicale ci ricorda e ci fa sperare: “Oggi la tua famiglia,

riunita nell’ascolto della Parola

e nella comunione dell’unico pane spezzato,

fa memoria del Signore risorto

nell’attesa della domenica senza tramonto,

quando l’umanità intera entrerà nel tuo riposo.

Allora noi vedremo il tuo volto

e loderemo senza fine la tua misericordia”. Amen.

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