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Omelia nella Solennità di San Barsanofio Abate 2019

Oria, 30 agosto 2019 - Basilica Cattedrale

1Il Signore disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. 2Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. 3Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra»”(Gen 12, 1-3).

            La parola che il Signore rivolge ad Abram è una parola forte, forse incomprensibile, che certamente può suscitare preoccupazione ed ansia, perché il Signore impone un taglio netto da ciò che sembrano essere le proprie radici: Abram deve lasciare la propria terra, la propria parentela e la casa del proprio padre per andare verso una terra sconosciuta. L’unica certezza che può guidare Abram è l’indicazione che Dio gli dà e la promessa che gli fa! L’indicazione di una terra nuova e la promessa di fare della discendenza di Abram una grande nazione.

            La storia di Abram ci dice che egli obbedì a Dio per la sua profonda fede e che Dio ha mantenuto la sua promessa: noi stessi siamo parte di quella benedizione che Dio ha dato ad Abramo, nostro padre nella fede.

            La richiesta che il Signore ha fatto ad Abramo è la stessa che rivolge a tutti coloro che Egli ama come figli; è la stessa richiesta che ha rivolto a San Barsanofio, nostro Patrono; è la richiesta che rivolge a ciascuno di noi; è la stessa richiesta che rivolge a Mino Serpentino, seminarista della Parrocchia del Carmine di Francavilla Fontana, che oggi sarà ammesso tra i candidati all’ordine sacro.

            Tagliare le proprie radici per seguire il Signore!

            Quali sono le nostre radici? Cosa dobbiamo tagliare? Da dove dobbiamo andarcene? Il Signore non chiede di disconoscere i propri affetti, le relazioni parentali, il legame con la propria terra; chiede solo di non assolutizzarli, chiede soprattutto di abbandonare i nostri progetti per seguire il Suo. E questa è una scelta che rende la nostra vita conforme o difforme alla volontà di Dio. La conseguenza di una scelta sbagliata, di comodo è che la promessa di Dio e la Sua benedizione non diverranno nostra eredità.

            Siamo costantemente messi alla prova: come Abramo, come Barsanofio siamo tentati di non seguire l’indicazione di Dio. Come fare per vincere questo stato di prova, la tentazione?

            Com’è mia abitudine, mi piace soffermarmi sugli insegnamenti diretti del nostro Santo Patrono. Cosicché oggi ci faremo istruire da San Barsanofio sulla tentazione attraverso l’esame di una sua lettera, la 105[1], nella quale il Grande Anziano risponde alla domanda del monaco Andrea. Ascoltiamola:

Dimmi, padre, da dove è nata la nostra tentazione; e perché si manifesta; e come si distrugge; e prega che io sia liberato da essa.

Risposta di Barsanufio. Il diavolo odiatore del bene, conoscendo ciò che giova alle vostre anime e che non vi è altro luogo di salvezza che portare gli uni i pesi degli altri, è invidioso e lotta per seminare in voi la tentazione che il Signore distruggerà. Ma tale tentazione si distrugge col portare gli uni i pesi degli altri, e con l’intensificare la preghiera per la persona dalla quale viene la tentazione. Ma senza lotta, col ragionamento non c’è uscita dalla prova. E anche il pensiero di allontanarti da qui, anche questo è una tentazione che nasce dalla sua invidia e si serve dell’autogiustificazione, per strapparti alla carità dei santi che pregano per te e privarti del loro aiuto. Ecco, ti ho dimostrato come si entra e come si esce dalla tentazione. Resisti un poco e riceverai sollievo da essa, in Cristo Gesù Signore nostro. Amen”.

            Innanzitutto Barsanofio indica con chiarezza e senza possibilità di confusione che l’origine della tentazione è nel diavolo che odia il bene e conosce ciò che giova all’anima del discepolo del Signore. Per questo motivo cerca di mettere in atto tutto ciò che possa allontanarci da ciò che è il nostro vero bene, da ciò che ci unisce a Dio e ci rende felici. Ma come tenta il diavolo? Innanzitutto mistificando la verità. Ci illude, cercando di convincerci, che ciò che Dio ci chiede non è per il nostro bene, ma anzi si rivela come un nostro impoverimento. Cerca di convincerci che, se scegliamo di seguire ciò che Dio ci chiede, ci metteremo in una condizione di infelicità che non ci farà godere di ciò che desideriamo. Per questo fa apparire Dio come un bugiardo!

            Di fronte alla richiesta di Dio di lasciare la nostra terra, la nostra parentela e la casa di nostro padre, come ha fatto con Abramo, il tentatore fa sorgere dentro di noi una forte resistenza che si manifesta con espressioni di questo tipo: “Ma chi me lo fa fare a lasciare il certo per l’incerto, la comodità per il pellegrinaggio!”. Con coraggio, bisogna prendere coscienza che questa è tentazione!

            Un altro modo di tentarci è quello di incuterci paura e falsa umiltà. Spesso nascono in noi, dinanzi ad un impegno, ad una responsabilità nuova che ci viene chiesta, pensieri del tipo: “Ciò che ti vien chiesto è troppo grande per te; non sei capace di portare quella responsabilità; meglio lasciare ora che fare brutta figura!”, e frasi del genere. Anche in questo caso bisogna essere coscienti che siamo nella tentazione, soprattutto se quella responsabilità non l’abbiamo cercata ma ci è stata data!

            Un terzo modo di tentarci è quello di farci credere che l’altro è sempre mio nemico. Di fronte ai contrasti e ad atteggiamenti in cui l’altro non mi dimostra simpatia è facile cadere in questa trappola di considerare l’altro un nemico, arrivando ad assolutizzare la sua inimicizia nei mei confronti. Questa tentazione di manifesta con gli atteggiamenti di permalosità che spuntano dentro di noi e che ci mettono sempre in difensiva.

            Tutto questo, e molto altro ancora, nasce dall’invidia del tentatore che continuamente lotta per seminare in noi la tentazione con il preciso scopo, quando la tentazione è consumata, di toglierci la gioia, che è frutto dello Spirito Santo.

            Quale rimedio offre San Barsanofio nella citata lettera? Innanzitutto egli ci rassicura nel dirci che il Signore distruggerà la tentazione. Ed è proprio così! Dio non ci abbandona a noi stessi. Ma la distruzione della tentazione può avvenire solo se siamo disposti ad entrare nella lotta e a non fermarci solo sul ragionamento. Come dire: fatti non parole! Ma è anche necessario, per vincere la tentazione, che ognuno porti i pesi dell’altro, pregando per la persona che è stata la causa prossima della tentazione.

            Ecco il grande insegnamento di San Barsanofio: ognuno di noi deve farsi carico dell’altro, deve considerare i pesi dell’altro come i propri. In una parola: la lotta alla tentazione è più efficace quando si fa in comunione con gli altri, quando, esercitando la virtù dell’umiltà, si aiuta l’altro a vincere il male.

            D’altra parte il Grande Anziano esorta il tentato a non fuggire dalla comunità per non privarsi dell’atto di carità che i fratelli compiono nei suoi riguardi durante la tentazione, atto di carità che consiste nella preghiera per chi è tentato, di modo che egli possa essere sostenuto nella lotta e arrivare alla vittoria.

            Nella preghiera del Padre nostro Gesù ci invita a chiedere al Padre, gli uni per gli altri, di non abbandonarci nella tentazione ma di sostenerci sino alla vittoria.

            Valgano per ciascuno le parole conclusive della lettera di San Barsanofio: “Resisti un poco e riceverai sollievo da essa, in Cristo Gesù Signore nostro. Amen”.

Permettete che ora rivolga qualche parola a Mino.

Mio caro,

è evidente che ciò che la Parola di Dio e di San Barsanofio ci hanno detto questa sera vale anche per te. Fanne buona memoria, mentre compi il primo fondamentale passo in questo cammino che, se Dio vorrà, ti porterà al Sacerdozio. Anche a te il Signore chiede di andartene dalla tua terra, dai tuoi progetti, anche dalla tua spiritualità per conformare la tua volontà alla Sua.

Oggi la Chiesa riconosce i segni della tua vocazione e, quale madre premurosa, ti offre fiducia e ti incoraggia a camminare senza esitazione seguendo l’itinerario che la Parola di Dio e gli educatori ti indicheranno.

            Nel quotidiano e fedele esercizio della preghiera, dello studio e della vita fraterna, permetterai al Signore di costituire in te l’uomo nuovo, l’uomo che nasce dalla Croce di Cristo e che è capace, sotto la guida dello Spirito, di vedere la via invisibile che il Signore ti apre dinanzi.

            Sii generoso con il Signore, com’Egli lo è con te: non ti accontentare del minimo indispensabile, ma esercitati in tutte le virtù con pazienza e perseveranza. Tendi alla perfezione. Vinci la tentazione di pensare alla meta del Sacerdozio come al “tuo” Sacerdozio. Se Dio vorrà, sarai Sacerdote per Cristo e per la Chiesa. So già che sei incamminato su questa strada: non voltarti indietro!

            Mentre ringrazio i tuoi formatori, ti affido alla materna protezione di Maria, Splendore del Carmelo, Madre e Maestra e a San Barsanofio perché custodiscano in te il desiderio del dono totale a Cristo e, per Lui, ai fratelli. Amen.

[1]secondo la numerazione dell’Epistolario di Barsanofio e Giovanni di Gaza, Città Nuova Editrice

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