Oria, 19 dicembre 2020 - Chiesa di S. Giovanni Paolo II
“Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti?... Il Signore ti annuncia che farà a te una casa” (2Sam 7, 5b. 11b).
Queste parole, che abbiamo ascoltato nella prima lettura, esprimono la meraviglia di Dio nei confronti di Davide, il grande Re di Israele, per un’idea che questi aveva avuto quale atteggiamento di rispetto e di riconoscenza nei confronti di Dio: costruirGli una casa perché potesse avere un luogo stabile dove stare con gli uomini, dal momento che proprio il Re, con il sostegno e la protezione di Dio, aveva potuto costruirsi una casa comoda in cui vivere protetto. Dio si meraviglia non per l’atteggiamento di riconoscenza e di rispetto di Davide ma perché questa proposta del Re rivela un progetto, che vorrei definire politico umano, a cui Davide voleva dare sacralità, voleva avere la consacrazione da parte di Dio. E Dio, nel mentre fa la promessa che sarà Lui a dare una casa a Davide, manifesta una grande verità che ritroveremo nel Vangelo dell’Annunciazione: ogni progetto di redenzione e di costruzione del Regno non potrà mai avere l’uomo come principio ideatore, come punto di partenza. In altre parole, l’uomo non potrà mai progettare la salvezza e chiedere a Dio di benedirla, quasi di renderla sacra perché, dopo il peccato, l’umanità non è più in grado di risollevarsi da sé; ha bisogno di un Salvatore, necessita di un progetto di redenzione e di salvezza che provenga da un cuore non inquinato, da una volontà di grazia che sia gratuita, cioè che si manifesti come dono. […]