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Omelia del vescovo Vincenzo nella Celebrazione Eucaristica di apertura della fase diocesana del Sinodo dei Vescovi 2021-2023

Oria, 17 ottobre 2021 - Santuario S. Cosimo alla Macchia

(Il testo è tratto da registrazione e non è stato rivisto dall’Autore)

È con grandissima emozione, carissimi Amici, che viviamo questa celebrazione nella quale, anche visivamente, si vede la nostra Chiesa diocesana riunita - certo in alcune componenti, non tutte – ma evidentemente stiamo insieme e questo convenire qui insieme ci sta già facendo vivere l’esperienza del cammino sinodale che in tutte le Chiese del mondo oggi si apre.

Ed è importante, Amici cari, innanzitutto ascoltare per capire cosa vuol dire questo cammino sinodale: ascoltare quello che Gesù ci ha detto. Di questa pagina del Vangelo vorrei ripetere alcune parole che credo possano essere un po’ il filo conduttore che ci guiderà in questi anni, perché, come avete sentito anche dai mezzi di comunicazione, nel cammino sinodale c’è una prima fase che cominciamo adesso e che ci porterà fino a Pasqua, e anche un po’ dopo, e sarà una fase fondamentalmente di ascolto, di ascolto di tutti: ognuno può e deve dire ciò che lo Spirito gli suggerisce. Ognuno può e deve dire l’orientamento verso il quale la Chiesa deve muoversi. Allora vorrei riprendere alcune parole del Vangelo:

“Si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni dicendogli” (cfr. Mc. 10,35). Si avvicinarono: il senso della vicinanza! Oggi dopo molto tempo dall’inizio della pandemia siamo anche più vicini, ci siamo avvicinati, è necessario avvicinarsi. Lì dove avvicinarsi non è semplicemente stare uno accanto all’altro ma avvicinarsi è cercare ciò che ci unisce, avvicinarsi significa creare ponti, avvicinarsi significa comprendere quello che insieme possiamo fare, non singolarmente, insieme. Una parola che sentiremo spesso in questi anni: insieme, insieme.

Si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i due apostoli, e Gesù si fa avvicinare; ecco attenzione Amici: non basta volersi avvicinare, non basta avere il desiderio di cercare di costruire il ponte ma bisogna anche che ci sia dall’altra parte chi questo ponte lo voglia ricevere, chi vuol farsi avvicinare: non basta cercare di andare incontro ma essere disponibili a vedersi venire incontro chiunque altro, anche chi non la pensa come me, anche chi ha un’idea diversa, perché lo Spirito soffia dove vuole. Noi siamo chiamati ad ascoltarne la voce. Avvicinarsi. Ma c’è un centro che ci deve attrarre: il nostro avvicinarsi tra di noi non deve essere un convenire qualsiasi, deve essere un avvicinarsi a Gesù insieme, insieme avvicinarsi a Gesù, insieme cercare la relazione con Lui, il rapporto con Lui, il parlare con Lui, l’ascoltare Lui, insieme; avvicinarsi insieme a Gesù, lasciarsi avvicinare da Gesù.

E i due discepoli quando arrivano davanti a Gesù, che li accoglie, gli dicono (cfr. Mc. 10,35). Questo dire, imparare a dire. Vedete, amici cari, una delle cose peggiori che si può verificare nel mondo e, purtroppo, anche nella Chiesa è questo: il non esprimere la propria opinione, che non deve essere un’opinione basata sul niente, “ciò che mi passa dalla testa lo dico”, no. Ciò che dico deve essere pesato, ponderato, pregato prima di tutto, pregato. Il dire è la capacità di coinvolgersi; il dire è la capacità di mettersi in gioco: capita molte volte nelle nostre realtà ecclesiali che scegliamo di essere muti. Perché? Perché non vogliamo coinvolgerci, non perché non abbiamo niente da dire, non perché lo Spirito non ci sta suggerendo qualcosa ma perché non vogliamo coinvolgerci, perché magari ci porta tempo, ci porta fatica, ci porta anche la croce: ma questa è la conversione. Dire allora significa mettersi in gioco: avvicinarsi e dire.

Certo, ciò che Giacomo e Giovanni dicono a Gesù non è la cosa migliore - gli altri discepoli lo vengono a sapere e si indignano con loro – “Maestro vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo […] sedere uno alla tua destra, uno alla tua sinistra” (Mc 10, 35): è una richiesta fondamentalmente di potere, di essere riconosciuti. E Gesù – attenzione amici, perché è fondamentale per noi questo atteggiamento – non rigetta questa domanda. Gli altri dieci si indignano ma non Gesù. Egli partendo da questa richiesta spiega ai due e anche agli altri dieci cosa significhi stare alla sua destra e alla sua sinistra, cosa significhi mettersi al servizio. “Il Figlio dell’Uomo infatti non è venuto per essere servito ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti” (Mc 10,45). Il servizio è mettersi a disposizione dell’altro, coinvolgersi nella vita e nei bisogni dell’altro. Amici cari, i bisogni dell’altro non sono solo i bisogni materiali – da troppo tempo pensiamo che il prossimo abbia solo bisogni materiali - che sono importanti, ma c’è anche un bisogno di eternità, che è scritto nel cuore di ciascuno, che Dio ha scritto nel cuore di ciascuno. Questo bisogno di eternità occorre rilevarlo, coltivarlo e, facendo il giusto discernimento, orientarlo.

E allora, queste sono le parole che ci devono cambiare: avvicinarci, parlarci e, quando parliamo, imparare ad ascoltare: non si tratta solo di me, non si tratta soltanto, perdonatemi l’espressione, di svuotare il sacco – “ecco ti ho detto tutto quello che ti dovevo dire” – si tratta anche di imparare ad ascoltare, ascoltare l’altro, entrare nella storia dell’altro, chiunque altro, entrare in questa storia: aiutiamoci a farlo per arrivare a quel punto, anche passando attraverso l’indignazione che è un sentimento umano che va corretto, ma ci può essere e non bisogna negarlo, gli apostoli si sono indignati, gli altri dieci. Non bisogna preoccuparsi dei sentimenti che ci sono: dobbiamo aiutarci a correggerli, perché se io ascolto sono disponibile ad essere corretto, sono disponibile ad avere un’idea grande di Chiesa per arrivare a questo punto, quello che Gesù ci dice alla fine di questo Vangelo: il Figlio dell’Uomo infatti non è venuto per farsi servire ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti (Mc 10,45). Servire. Ecco amici cari, mettiamoci in ascolto gli uni degli altri, favoriamo questo ascolto, favoriamo questa condivisione, favoriamo il discernimento per riprendere a diventare servi non padroni, servi, per amore di Gesù Cristo, gli uni degli altri.

In questo primo tempo, che vedrà la nostra Chiesa coinvolta nei prossimi tre mesi, sarà il momento in cui avrò la gioia di incontrare i consigli pastorali e per gli affari economici di ogni parrocchia perché è importante cominciare ad ascoltare: il Vescovo non dovrà parlare, dovrà ascoltare. Successivamente, fino al tempo della Quaresima, ci sarà un ascolto non più solo di coloro che già vivono un’esperienza di Chiesa ma un ascolto allargato a tutti, un ascolto che possa coinvolgere anche, ma vorrei dire soprattutto, quelle persone che hanno, per vari motivi e varie situazioni, non ultima la pandemia, abbandonato la vita ecclesiale; anche loro perché lo Spirito può parlare attraverso ciascuno. Questo ascolto sarà raccolto e inviato alla Conferenza Episcopale Italiana perché possa essere rielaborato e presentato alla Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi perché il Papa poi ne possa avere un’indicazione, un orientamento.

Possiamo davvero arrivare a creare comunione tra noi. Mi piace ricordare una cosa – più di qualcuno dei nostri sacerdoti, che voglio ringraziare, me lo ha ricordato con tanta forza - noi abbiamo già fatto un’esperienza di sinodo, di cammino sinodale, negli anni in cui ci siamo impegnati a preparare il Progetto Pastorale, sin dal 2010, quando ci siamo incontrati, abbiamo parlato, scritto idee, attese, desideri, progetti e poi abbiamo lavorato per cinque anni fino ad arrivare ad avere il nostro Progetto Pastorale che è il punto di un cammino sinodale, di una Chiesa che si è interrogata, ma dobbiamo aprirlo ancora di più. È necessario ascoltare anche tutti gli altri.

Il Signore ci dia non solo un orecchio attento ma soprattutto il cuore attento, un cuore capace di ascoltare, perché, amici cari, ciò che passa dalla testa viene dimenticato, ciò che è scritto nel cuore non viene mai più cancellato. Che il Signore allora renda il nostro cuore capace di ascoltare, capace di percepire i gemiti dello Spirito che ci vuole suggerire la via della Chiesa, la via della fede per il nostro tempo.

Camminiamo insieme, amici, camminiamo con gioia e con entusiasmo.

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