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Omelia nel Patrocinio di San Barsanofio Abate

Oria, 20 febbraio 2017 - Basilica Cattedrale

“Sono stato crocifisso con Cristo e non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2, 19b-20a). 

È ciò che afferma San Paolo nella lettera ai Galati, che abbiamo ascoltato. Ed è come l’apice dell’esperienza mistica dell’Apostolo, poiché egli vede la sua vita come crocifissa con quella di Cristo, cioè passata attraverso lo strumento che ha permesso la realizzazione del progetto di salvezza di Dio sull’umanità. Proprio grazie all’esperienza della concrocifissione con Cristo, Paolo sperimenta la sua vita come totalmente unita a quella di Gesù, tanto da potersi identificare con Lui.

E questo è il punto di arrivo della vita di ogni discepolo del Signore: trasformarsi tanto in Gesù da poter vedere nella propria esistenza la presenza reale del Maestro.

Anche San Barsanofio, nostro Patrono, ha vissuto questa trasformazione: è diventato anch’egli un alter Christus, un altro Cristo. Ma non un altro Cristo che si somma al precedente, diventandone quasi il concorrente (e questo sarebbe il peccato in cui sempre l’uomo cade, sin dalla creazione!), ma lo stesso Cristo. Il cammino di assimilazione è tale che la vita dell’Uno si trasferisce in quella dell’altro; la comunione è così profonda che vedendo Paolo, vedendo Barsanofio si vede Cristo!

E questo, cari Amici, è il cammino che anche ciascuno di noi è chiamato a fare. Nessuno può sentirsi dispensato! E nessuno può dire: “È una via troppo difficile per me, non ho le capacità per percorrerla, non ho i mezzi; meglio accontentarsi!”. Sarebbe come considerare Dio un bugiardo e un infedele, poiché prima invita e promette e poi fa sperimentare la pochezza umana, i mezzi inadeguati, la meta troppo lontana e difficile!

Ma Dio è fedele per sempre e non può mentire e farà tutto questo per ciascuno di noi, solo se lo vorremo!

E noi siamo qui perché vogliamo farci istruire dal nostro Grande Anziano proprio su questo cammino di trasformazione in Cristo, l’unico cammino veramente importante per la nostra vita.
Mettiamoci in ascolto.

All’Abate Eutimio, che gli chiede consiglio su come vincere la debolezza della vita umana per incarnare la vita cristiana, San Barsanofio risponde che è, innanzitutto, necessario esaminare il nostro uomo interiore per scoprire che non siamo in grado di sopportare le accuse, le offese, l’annientamento e il disprezzo (cfr. Ep. 62). E dice: “Vedi, o amato, che, mentre aspiriamo alla mancanza di sollecitudini, non vogliamo essere puri del tutto, così da stimarci, come siamo, terra e polvere. E siamo invecchiati nutrendo in noi la vanagloria”.

Ecco il primo passo fondamentale per incamminarci sulla via della piena trasformazione in Cristo: esaminare i nostri sentimenti, il nostro uomo interiore, stando particolarmente attenti a non nascondere a noi stessi la malattia di cui siamo affetti, la vanagloria, perché se non riconosciamo il male che è in noi, non possiamo esserne guariti. Nascondere a noi stessi il nostro male, che peraltro è pienamente conosciuto dal Medico celeste, equivale al suicidio spirituale. È come nelle malattie del corpo: nascondere al medico i sintomi equivale a precludersi la possibilità di una giusta diagnosi e della relativa corretta cura. La conseguenza di questo comportamento è l’aggravamento della malattia e, forse, anche la morte. E così è anche per lo spirito.

Quali altri suggerimenti fornisce San Barsanofio per continuare questo iter terapeutico spirituale, che ci porterà alla piena trasformazione in Cristo, tanto da poter dire, anche noi con Paolo: “Sono stato crocifisso con Cristo e non vivo più io, ma Cristo vive in me”?

Ascoltiamolo: “Se il nostro grande e celeste medico ci ha dato ogni medicina e ogni impiastro, in che cosa si trova la causa della nostra rovina, se non nella debolezza del nostro proposito?”. Ecco un altro passo fondamentale. Bisogna essere risoluti nei propositi della vita cristiana: non si può vivere nel compromesso. Scelta la via, avuta la medicina, bisogna agire con determinazione e celerità! Non bisogna tergiversare, non bisogna crogiolarsi nei propri vizi!

Continua San Barsanofio: “Prima di tutto, egli ci ha dato l’umiliazione, che bandisce ogni superbia ed ogni esaltazione che si innalza contro la conoscenza della gloria del Figlio di Dio”. Ecco il primo farmaco: l’umiliazione. Se ci pensiamo bene, ci accorgiamo che cerchiamo di allontanare da noi ogni forma di umiliazione. Anzi, la riteniamo lesiva della dignità dell’uomo. Non reagiamo forse con un moto di rabbia e di disprezzo verso chi ci umilia? Non chiediamo di essere reintegrati nella nostra dignità? Eppure se seguissimo il consiglio del Grande Anziano, la nostra superbia e la nostra esaltazione sarebbero addomesticate. Dobbiamo imparare ad usare queste armi che, umanamente, ci feriscono, ma spiritualmente, se le sappiamo accettare, come le ha accettate Gesù, ci fanno progredire verso la nostra trasformazione nel Maestro. D’altra parte, proprio Gesù, per vincere la superbia del diavolo, si è umiliato sino alla morte e alla morte di Croce. E Lui non ne aveva bisogno, mentre noi si!

Cominciamo ad accettare le umiliazioni non come offese ma come occasioni per combattere i nostri vizi e unirci al Signore.

Scrive il nostro Patrono: “Poi l’obbedienza che spegne tutti i dardi infuocati del nemico; ci ha dato di tagliare la volontà, in ogni cosa, a favore del prossimo. E ciò genera l’imperturbabilità del cuore, una espressione del viso più luminosa e sorridente, la sicurezza dello sguardo”. Qui è indicato il secondo farmaco: l’obbedienza! Com’è difficile, carissimi Amici, addomesticare la propria volontà! Proprio nel vangelo di ieri il Signore ci ha chiesto di perdonare i nemici e pregare per loro, ci ha chiesto di non opporci al malvagio, di porgere l’altra guancia, di cedere liberamente non solo la tunica ma anche il mantello, di dare a chi ci chiede e di prestare senza voltare le spalle! Credete che tutto questo sia facile, senza una chiara scelta di obbedire a ciò che Gesù ci ha detto? Cioè senza la determinazione del cuore e dell’intelletto di credere che il vangelo non solo è vero, ma è anche possibile viverlo integralmente? Quando noi, uscendo dalla Chiesa, pensiamo che ciò che abbiamo ascoltato è certamente bello sentirlo ma è impossibile metterlo in pratica, allora stiamo decidendo di non obbedire al vangelo, di essere disobbedienti a Dio! Se invece, decidessimo di far diventare quella Parola la nostra regola di vita, allora il nostro cuore diventerebbe imperturbabile, sereno; il nostro viso sarebbe più luminoso e sorridente e il nostro sguardo sicuro, senza tentennamenti su che cosa guardare e verso dove portare la nostra persona.
Scegliamo questa sera stessa di essere obbedienti!

E San Barsanofio così conclude la sua lettera (n. 62): “Ma l’impiastro grande che egli ci ha dato che abbraccia tutte le membra e che cura ogni malattia e ogni ferita, è l’amore come il suo. Egli infatti si è fatto nostro modello”. Ed ecco svelato il farmaco dell’immortalità: amare come Gesù ha amato! Non c’è amore più grande, non c’è via più sicura, non c’è rimedio più facile per far vivere Cristo in noi! Se amiamo come Egli ci ama, allora la nostra vita è piena di Cristo, è la sua proiezione in questo nostro mondo e in questo nostro tempo.

Il nostro Santo Patrono ci aiuti a seguire questa via della felicità che egli stesso ci ha tracciato per permetterci di unirci a Cristo e far diventare la nostra vita trasparenza della sua. Amen.

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