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Omelia nella celebrazione di apertura della Porta Santa

Oria, 13 dicembre 2015 - Basilica Cattedrale

Il Signore, tuo Dio, … Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore…” (Sof 3, 17).

         Questa Parola, che il profeta Sofonia ci ha offerto in questa Santa Liturgia dell’apertura della Porta Santa della Misericordia, desta in noi innanzitutto curiosità, forse stupore: Dio gioisce per me? Sono motivo di gioia per Dio? Se esaminiamo la nostra esistenza, con le sue contraddizioni, con i suoi errori, con le sue paure, non sembra che possiamo essere motivo di gioia per Dio. Nessuno gioisce nel vedere un atteggiamento che è decadimento della qualità umana, come il peccato! Men che meno Dio, che anzi, non solo non gioisce ma addirittura soffre della scelta del male che l’uomo spesso compie!

         E allora, cosa intende rivelarci Sofonia? Un mistero alquanto semplice: Dio gioisce per noi, perché ha revocato la nostra condanna. “Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico” (Sof 3, 15), abbiamo ascoltato nella prima lettura. Si, miei cari, questa è la gioia di Dio! Realizzare per noi la salvezza! Ed in questo consiste la Sua misericordia: dopo essere stato offeso dal nostro peccato, cioè dalla nostra scelta di metterci contro di Lui, nostro Padre non cerca la vendetta, la soddisfazione all’offesa ricevuta; cerca, invece, il modo per rimetterci in comunione con Lui, per farci rientrare nell’orbita della Sua benefica influenza. E quando revoca il decreto della nostra condanna, che, ricordiamocelo, noi meritiamo per il nostro male agire, Egli gioisce per noi. Revoca la condanna e gioisce per noi! Dio è felice perché possiamo salvarci! Questa sera Dio è felice perché, attraversando la Porta della Misericordia, abbiamo scelto di percorrere la via della salvezza, abbiamo scelto di ricevere ciò che il Padre sempre è pronto a darci: il Suo Amore infinito che ci ha creato e ci ricrea in continuazione!

Così la nostra gioia è partecipazione alla gioia di Dio, che è una gioia piena, effusiva, coinvolgente e attraente.

Come vorrei, e più di me lo vuole il Padre della misericordia, che ripartissimo da questa nostra Cattedrale con la piena consapevolezza che Dio ci ha salvati; che Dio vuole la nostra vera e definitiva salvezza; che Dio ci ha convocati qui non per punirci e nemmeno per farci la ramanzina, ma per donarci Sé stesso e il Suo amore.

Entrando dalla Porta Santa, siamo entrati in Cristo, che è la “porta del Padre”. Che gaudio sapere che non dobbiamo temere più nulla, che anche quando usciremo da questo Tempio, saremo sempre nell’ovile di Cristo, saremo sempre al riparo nel Suo amore. Si, figli carissimi, è proprio così: saremo sempre al riparo nel Suo amore!

E così possiamo davvero seguire l’esortazione che San Paolo rivolge ai cristiani di Filippi: “Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti.” (4, 4). Già, nel momento in cui la salvezza è realizzata è il Signore a gioire per noi, ma quando noi accogliamo questa salvezza siamo noi a gioire in Lui. Comprendete, amici cari, oggi non ci vien chiesto niente se non di appoggiarci sul Signore che è felice ed essere contagiati da questa felicità.

Siamo qui per sentirci dire dal Signore: Ti voglio bene! Al termine della celebrazione, uscendo dalla Cattedrale, riceverete una mia lettera che s’intitola proprio così: “Ti voglio bene”. E’ una lettera per le tutte le famiglie della Diocesi e nelle prossime settimane sarà distribuita nelle Parrocchie e dalle Parrocchie. Se non la troverete nella buca delle lettere di casa, andate a chiederla in Parrocchia.

Abbiamo tutti bisogno di farci dire da Dio: Ti voglio bene! Perché questo significa non solo che Dio “ci vuole bene”, ha amore per noi, ma anche che vuole il “nostro bene”, vuole metterci nel bene, e farci rimanere!

E’ ancora San Paolo che ci incoraggia e ci stimola: “ La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti” (Fil 4, 5-6).

Ecco, guardiamo la nostra vita, esaminiamola con attenzione: c’è qualcosa che ci angustia, che ci preoccupa, che non ci fa dormire tranquilli? Abbiamo qualche peso sulla coscienza che ci rende la vita insopportabile e ci fa sentire indegni di guardare verso Dio?

Questo è il tempo favorevole per fare a Dio le nostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti! Dio ha già preparato ciò che Gli andiamo a chiedere, anzi l’ha già messo nelle nostre mani! Per questo non dobbiamo solo supplicare ma anche ringraziare. Così “la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù” (Fil 4, 7).

E dunque siamo entrati dalla Porta Santa per ricevere misericordia. Il Signore ci sta chiedendo di portare anche agli altri, a chi non può esserci e a chi non vuole esserci, la Sua misericordia. Attingiamo abbondantemente da questo tesoro inesauribile e, tornando alla nostra vita ordinaria, riversiamo sugli altri questo fiume di grazia!

Le folle lo interrogavano: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto».” (Lc 3, 10-11).

Anche noi, se abbiamo compreso quanto Dio ci ama, dobbiamo porre questa domanda: “Che cosa dobbiamo fare?”. E la risposta è la stessa: “Chi ha due vestiti, ne dia uno a chi non ne ha; chi ha da mangiare condivida con chi non ne ha”. La prima tappa della restituzione della Misericordia ricevuta è quella dell’amore verso i poveri.

Ritorniamo, amici cari, a mettere in pratica le opere di misericordia, corporali e spirituali. Saremmo davvero ingrati se, ricevendo tanto, non desiderassimo offrire un po’ di ciò che abbiamo avuto. Ricordiamoci, miei cari, che quanto più diamo con cuore gioioso, tanto più il Signore riversa nel nostro grembo.

C’è una seconda tappa: “Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato»” (Lc 3, 12-13). E’ la tappa della giustizia nelle relazioni sociali. I pubblicani erano coloro che riscuotevano le imposte per conto dei Romani, e le maggioravano indebitamente, specialmente a danno dei poveri. Così Giovanni Battista chiede a chi è detentore del potere di non approfittare della propria posizione prevaricando sui più deboli; e l’autorità non mostri il suo volto rapace e spietato, ma rispetti le persone povere e le famiglie. Anche oggi, nell’amministrazione della cosa pubblica, specialmente da parte di chi si ispira al vangelo, è necessario restituire la Misericordia che si è avuta da Dio, ed il cercare il bene comune, non quello più facile e più a buon mercato, non quello della demagogia politica nè quello del do ut des, ma il massimo bene comune, è restituzione di Misericordia.

C’è anche una terza tappa: “Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe»” (Lc 3, 14). Questa tappa riguarda la messa al bando della violenza, della brutalità e dell’avarizia. In un mondo in cui la brutalità dei potenti era dilagante, Giovanni invita alla mitezza. Là dove il potere delle armi rendeva legittima qualsiasi estorsione, rappresaglia o razzia, Giovanni domanda la radicale rinuncia a tutto questo. Là dove la sete di denaro rendeva possibile ribellioni e ammutinamenti da parte dei soldati, Giovanni chiede di accontentarsi di quanto già garantito. In questa tappa è posta al centro la solidarietà: non la ricerca del proprio profitto ad ogni costo, ma la sobrietà della condivisione è restituzione della Misericordia. Oggi violenza, estorsione ed avarizia sono perseguite anche in una forma resa legale. Restituire la Misericordia ricevuta è rinunciare radicalmente a questa logica di potere perverso.

Ecco, miei cari, entrando in questa Cattedrale, abbiamo attraversato la Porta Santa e siamo stati inondati dalla Misericordia del Padre. Al termine della celebrazione saremo chiamati ad uscire da questo Tempio per diventare noi stessi “Porta della Misericordia” per chiunque ci incontri. E questo non solo tra persone ma anche tra istituzioni, anche quelle se sembrano essere più lontane. Ogni persona e ogni istituzione, vincendo ciò che divide e favorendo ciò che unisce, tenda la mano per offrire Misericordia. E’ questo l’unico modo, figli carissimi, per far diventare la nostra società una civiltà della Misericordia!

Ci sostenga in questo cammino Colei che è Madre di Misericordia, Maria SS.ma, che venereremo solennemente al termine di questa celebrazione.

Un’ultima parola: Dio sta dicendo a ciascuno di noi “Ti voglio bene”; anche noi abituiamoci a dire ad ogni altra persona “Ti voglio bene” e a fare il suo bene. Buon Anno Santo della Misericordia a tutti!

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