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Omelia del vescovo Vincenzo nell'Ordinazione Diaconale di Antonio Madaghiele

Oria, 23 agosto 2023 - Chiesa Cattedrale

«Ma voi, chi dite che io sia?» (Mt 16, 15).

Questa domanda che Gesù rivolge ai suoi discepoli nella regione di Cesarea di Filippo sembra essere l’affondo finale di un provetto schermidore, di un campione di fioretto, perché queste parole arrivano dritte al centro del cuore dei discepoli di Gesù e di ogni persona che le sente rivolte a sé.

Cosa chiede Gesù? E qual è il suo vero intento?

Come ci istruisce il vangelo in altri passi (cfr. Mc 2, 8), Gesù conosce ciò che c’è nel cuore di ogni uomo e, perciò, non avrebbe bisogno di sapere la risposta dei discepoli perché conosce già nel suo spirito cosa pensano di lui. Allora Gesù non chiede per sapere ma chiede per far sapere, non chiede per sé, per la sua conoscenza, per la sua istruzione, ma perché i discepoli conoscano ciò che c’è nel proprio cuore riguardo a Gesù. Gesù vuole che i discepoli siano consapevoli della loro scelta di sequela del Maestro perché la consapevolezza rende sicuri nel cammino, sia che sia piano e scorrevole sia che sia irto e difficile. In fondo, il modo di agire di Gesù è un grande insegnamento sul discernimento circa lo spirito di sequela che ogni cristiano deve ripetutamente fare su sé stesso: chi sto seguendo? Chi è la mia guida? Sono un cieco che segue un altro cieco con la reale possibilità di cadere in un fosso? (cfr. Mt 15, 14). E quando ho definito la mia guida, perché la sto seguendo? Dove voglio giungere? Qual’è la mia meta?

Sono domande cui non possiamo sottrarci, miei cari Amici, cui non puoi sottrarti nemmeno tu, carissimo Tonino, ordinando Diacono permanente.

La risposta di Simone, figlio di Giona è perfetta: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16, 16). È il nucleo centrale della fede cristiana che da duemila anni si professa nel mondo intero! È la sintesi del mistero dell’Incarnazione del Verbo di Dio e della redenzione da lui operata attraverso la propria immolazione e la propria resurrezione nella Pasqua!

Ma, seppur professata con grande entusiasmo e con sicura dizione da parte di Simone, tale affermazione non ha origine umana; non è frutto di studio teologico, di indagine esegetica, di speculazione filosofica; non proviene dall’intelligenza umana, quantunque questa sia chiamata a riconoscerla.

«Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli» (Mt 16, 17).

È la rivelazione che il Padre dona a Simone e, attraverso di lui e del ministero suo e dei suoi successori, al mondo intero, il quale può avere salvezza e vita solo nel nome di Gesù (cfr. Atti 2, 21). È attraverso il dono dello Spirito Santo, lo Spirito di verità (cfr. Gv 14, 17) che viene effuso dal Padre e rimane su di noi, che si può giungere a fare propria la professione di fede di Simon Pietro. Senza il dono e la permanenza dello Spirito, quantunque noi possiamo utilizzare le stesse parole del Principe degli Apostoli, però le nostre sono solo parole vuote che certamente esprimono una magnificenza, ma non avendo sostanza sono solo apparenza!

«E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa» (Mt 16, 18).

Simone accoglie la rivelazione del Padre con umiltà e con gioia e la professa con entusiasmo; perciò diviene un uomo nuovo, cui Gesù dà un nome nuovo e una nuova missione: essere pietra, pavimento, ponte per giungere a Dio. E questo lo costringerà ad essere calpestato dagli uomini che solo così possono passare dal regno del mondo, del male, dell’egoismo e della divisione al Regno dei Cieli. Solo attraversando questo ponte, solo calpestando queste pietre si può arrivare alla meta che il cuore, pieno di Spirito Santo, desidera ardentemente. Ma Pietro è chiamato ad essere anche basamento perché il Signore possa edificare la sua Chiesa, aggregando ogni altra pietra, ogni altro fedele, per costituire la comunità dei peccatori redenti, la Chiesa.

Si, la Chiesa è la comunità dei peccatori redenti, dei peccatori strappati agli inferi attraverso la Croce di Cristo, che è la chiave che apre il Regno dei Cieli: «A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16, 19).

La Croce è la chiave che Gesù consegna a Pietro perché sciolga ogni vincolo e apra le porte della vita ad ogni uomo. La Croce benedetta di Cristo! Unica vera chiave!

Caro Tonino, alla luce di questa Parola vorrei tracciare l’identikit del tuo ministero ordinato.

Il Diacono è colui che conosce Gesù Cristo perché è suo servo. Risale, oramai, al secolo scorso la tua formazione teologica. Ma tu non sei ordinato Diacono per quella formazione, quantunque utile e necessaria. Tu sei ordinato Diacono perché il Padre, nella sua infinita misericordia, ti ha permesso di conoscere il suo Figlio unigenito; e lo ha fatto chiamandoti ad essere servo! Il servo, stando sempre alla presenza del proprio padrone, lo conosce meglio di chiunque altro: sa quali sono i suoi desideri, le sue aspettative, i suoi amici, i suoi nemici. Spesso ne conosce i progetti. La tua lunga frequentazione del Maestro nella vita parrocchiale, nella vita diocesana, nel cammino neocatecumenale, ti permettono oggi di poter dire: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Lo Spirito Santo, che ti consacrerà al servizio di Gesù Cristo e della Chiesa, ti farà conoscere la profondità di questa professione di fede perché tu la possa offrire ai fratelli e alle sorelle cui sarai mandato. E per loro diverrai tu stesso strumento di rivelazione. Sii sempre fedele a questo Spirito, docile alle sue sollecitazioni, umile nell’accoglierlo ed entusiasta nel donarlo. Il tuo sia un servizio nello Spirito!

L’autorità ministeriale di cui sarai rivestito ti porterà ad essere strada lastricata su cui potranno e dovranno passare coloro che vogliono raggiungere la felicità in Cristo. L’umiltà con la quale vivrai questo ministero, e che abbiamo già sperimentato nella tua persona, sarà l’elemento attrattivo e fecondante.

Mettendo in gioco i doni che Dio ti ha concesso, Gli permetterai di edificare la sua Chiesa.

Gli Atti degli Apostoli ci ricordano che i Diaconi furono istituiti dagli Apostoli per provvedere alle mense (cfr. Atti 6, 1ss) e la mensa richiama la convivialità, la comunione, la condivisione. Il tuo sia un servizio alla carità, alla comunione. Cerca sempre ciò che unisce e rigetta ciò che divide.

Nella Chiesa primitiva i Diaconi operavano in piena sintonia con il proprio Vescovo per il bene di tutta la Chiesa. Tale sia il tuo intendimento nel ministero che assumerai. Non parcellizzare mai il tuo operato: tu sei di Cristo, della Chiesa e, quindi, di tutti. La tua obbedienza non sia mai formale ma parta da un cuore che desidera vivere in comunione con Gesù e con chi lo rappresenta.

Nelle promesse che fra poco sarai chiamato a fare, prima di ricevere l’ordinazione diaconale, manifesterai la tua volontà di voler accrescere lo spirito di orazione. Insieme alla tua sposa, Angela, che ringrazio per la generosità nel prestare il suo consenso alla tua ordinazione, avete fondato una Chiesa domestica: sia il tuo primo luogo, ma non l’unico, in cui vivrai lo spirito di orazione, magari insieme ad Angela. Ma fatti promotore di preghiera in ogni ambiente in cui ti troverai a vivere perché se l’uomo non prega, non raggiunge la salvezza.

Come abbiamo ascoltato nel vangelo, la chiave che Gesù consegna a Pietro per aprire le porte della salvezza è la Croce. La tua vita, la vostra vita è stata segnata dalla Croce, anche recentemente. Anzi, vorrei dire che la vostra vita è stata aperta dalla Croce. Sii sempre cosciente che questa è l’unica via che abbiamo per salvarci. Il tuo ministero, anche nello specifico abito liturgico che indosserai, la dalmatica che è a forma di Croce, sia il ministero della Croce gloriosa, della Croce che salva, della gioia crocifissa.

Infine, vivi il tuo ministero diaconale con grande e profonda gratitudine. È ciò che San Paolo esprime nella seconda lettura: «Chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo tanto da riceverne il contraccambio?» (Rm 11, 34-35).

Tutto abbiamo ricevuto da Dio, tutto Gli dobbiamo. Ma il Padre ci chiede solo la consapevolezza della gratitudine: «Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen» (Rm 11, 36).

Veglino su di te la beata Vergine Maria, San Giuseppe, Sant’Antonio, San Barsanofio, i Ss. Medici e il beato Bartolo Longo. Amen.

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