Omelia nell'Ordinazione Diaconale di Martino Gioia, Pompeo delli Santi, Giuseppe Leporale e Davide dell'Addolorata, passionista
Francavilla F.na, 21 giugno 2013 - Basilica SS. Rosario
“Se è necessario vantarsi, mi vanterò della mia debolezza” (2Cor 11, 30).
Queste parole di san Paolo, che abbiamo ascoltato nella prima lettura, ci invitano a centrare la nostra attenzione su ciò che è propriamente nostro: la nostra debolezza!
Considerando la nostra condizione di uomini, dobbiamo riconoscere che ciò che facciamo ha in se stesso la caratteristica della debolezza, della fragilità, della caducità. Ogni nostro sforzo, quando è solo nostro, non fa altro che produrre insuccesso, molto spesso sofferenza a noi stessi e al prossimo. Così, dobbiamo riconoscere il nostro stato. Uomini deboli, incapaci da se stessi di concepire il bene.
San Paolo, però, ci sollecita con le sue parole a porre il nostro vanto proprio in questa nostra debolezza. Perché? Certamente perché, partendo proprio dalla nostra debolezza, possiamo comprendere l’opera che Dio compie in noi! Un’opera di grandezza, di cose mirabili, di realtà eccelse. Ma è assolutamente necessario riconoscere che la paternità di ciò che Dio opera in noi non è nostra, ma appunto di Dio. In un altro passo delle sue lettere, San Paolo dice che “quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti” (1Cor 1, 27b). La motivazione di questo agire di Dio è “Perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio” (1Cor 1, 29).
Ecco, miei cari Ordinandi, oggi siete invitati dal Signore e dalla Chiesa, con questa autorevole Parola dell’Apostolo Paolo, a prendere coscienza che ciò che il ministero sacro, che state per ricevere, vi porterà a realizzare non è prima di tutto frutto della vostra bravura, della vostra competenza, della vostra capacità di impegno, ma è opera di Dio che agisce in voi.
E’ proprio la nostra debolezza che apre lo spazio a Dio per agire. Se noi ci riteniamo forti, mostriamo i nostri muscoli, Dio si mette da parte, ci lascia nella nostra condizione di superbia. La nostra autorevolezza non ha la fonte in noi stessi, ma in Dio che ci ama e che ci chiama ad essere suoi servi.
Anche San Paolo ha sperimentato questo. Nel brano che abbiamo ascoltato, egli si vanta di tutto ciò che umanamente è considerato debolezza: fatiche, prigioni, percosse, pericolo di morte, naufragi, fame, sete, ecc. Ma tutte queste situazioni egli le ha vissute per rispondere il proprio “si” al Signore che lo chiamava alla sua sequela e lo inviava ad annunciare il Vangelo.
Anche voi, miei cari Ordinandi, sarete inviati ad annunciare il Vangelo. E anche per voi ci potranno essere le condizioni di cui parla Paolo. Noi, che siamo chiamati ad essere ministri del Vangelo, dobbiamo avere questa consapevolezza: l’opera ministeriale che ci è affidata, non ci dà sicurezze umane, non ci pone in situazioni di privilegio, non ci mette al riparo dai pericoli. L’unico nostro riparo e, al tempo stesso, l’unica nostra gioia potrà essere solo il Signore che annunciamo; Egli, per sorreggerci, cammina accanto a noi e avanti a noi. Così, il nostro vanto, allora, sarà la nostra debolezza perché sarà lo spazio nel quale Dio agirà con potenza.
Ma dove trovare la forza per accettare tutto questo? Nella lode costante al Signore!
Abbiamo pregato con il Salmo responsoriale (Sal 33): “Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca sempre la sua lode”. E’ proprio questo il segreto della vostra riuscita, carissimi. La lode del Signore in ogni tempo. La Chiesa vi pone oggi nelle mani la sua preghiera perché divenga giorno dopo giorno, ora dopo ora, la vostra preghiera. Si tratta, come comprendete bene, non semplicemente di un impegno giuridico, ma di un impegno esistenziale, di un impegno per la vita, nel senso che, esercitandolo, vi dona vita.
Davvero, miei cari, sulla vostra bocca si trovi ogni ora la benedizione del Signore. E’ questo un vostro primo ministero fondamentale: voi non pregate con il breviario solo per voi stessi, ma pregate con la Chiesa e per la Chiesa. Voi siete le braccia alzate al cielo della comunità dei credenti, perché benedicendo il Signore in ogni tempo, otteniate per il popolo di Dio la Sua benedizione. Pregando, diventate maestri di preghiera. Invitate tutti, soprattutto i giovani con le parole del salmista: “Magnificate con me il Signore, esaltiamo insieme il suo nome. Ho cercato il Signore: mi ha risposto e da ogni mia paura mi ha liberato” (Sal 33).
Con la vostra preghiera fervente fate conoscere che chiunque invoca il Signore sarà ascoltato e sarà liberato da ogni paura, anche quella di spendere la propria vita per il Vangelo.
Cari Ordinandi, cosa vi chiede oggi il Signore in cambio del dono di farvi Suoi ministri? Il cuore e gli occhi!
“Dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore” (Mt 6) ci ha detto Gesù nel Vangelo che è stato proclamato. Il vostro cuore sia sempre in Dio, non abbia altra dimora, perché il vostro tesoro è Dio, non altro!
Se il vostro cuore è in Dio, la vostra vita sarà trasparenza di Lui, i vostri fratelli e sorelle potranno contemplare il Suo volto nel vostro volto, potranno rispecchiarsi in voi e dire con verità: ho visto Dio in mezzo agli uomini!
Ma se il vostro cuore si legasse ad altro che non è Dio, a beni materiali, a forme di potere, a vostri progetti, ad aspirazioni ministeriali, a soddisfazioni culturali, allora voi nascondereste il volto di Dio a chi vi sta di fronte.
Il Signore vi chiede anche l’occhio, e vi chiede che sia semplice, perché tutto il corpo sia luminoso. Non solo il vostro corpo, ma anche il Corpo di Cristo che è la Chiesa. Si, miei cari, state per assumervi questa grande responsabilità: la luce che dovrà illuminare la comunità dei fedeli passa dai vostri occhi. Sicché può essere luce se il vostro occhio è luminoso, tenebra se il vostro occhio è cattivo, impuro.
Contemplando costantemente il Cielo, imparate a vedere solo il bene e a far vedere il bene e il bello.
Sarete a contatto con il mondo e con il male del mondo! Non lasciate che i vostri occhi ne siano influenzati. Lavateli costantemente con il collirio della carità.
La scelta di consacrazione della vostra verginità sia una finestra sempre aperta sul Paradiso, perché tutti se ne possano innamorare e, desiderandolo, camminare per raggiungerlo.
Ricordate che non è una rinuncia, è un dono, un dono da accogliere e custodire in ogni modo e ad ogni costo, perché è una via ricercata e privilegiata per amare Dio totalmente e in Lui e per Lui ogni persona. In questo modo il vostro celibato sarà fecondo, perché trasmetterà lo stesso principio della vita: l’Amore di Dio.
Vi sarà chiesta l’obbedienza. E’ la via attraverso la quale la volontà del Padre passa nella storia. “Non la mia ma la tua volontà sia fatta” (Lc 22, 42), ha pregato Gesù.
Così, miei cari Ordinandi, anche voi esercitate la virtù dell’obbedienza. Senza paura, senza rimpianti, ma con la gioia di chi sa di aver posto la sua vita e la sua volontà nelle mani amorevoli del Padre: Egli vi porterà, attraverso la via della Croce, alla gloria eterna. E nella misura in cui sarete obbedienti, potrete chiedere con autorevolezza l’obbedienza della fede a chi vi sarà affidato nella cura pastorale.
Lo Spirito Santo che sarà effuso in voi, vi renda esempio di ogni virtù: sinceri nella carità, premurosi verso i poveri, i deboli e gli ammalati, umili nel vostro servizio, retti e puri di cuore, vigilanti e fedeli nello spirito. La vostra vita, risplenda per generosità e castità e sia un richiamo costante al Vangelo, suscitando imitatori nel santo popolo di Dio. Siate forti e perseveranti nella fede, immagine vivente di Gesù.
Con questi sentimenti ci prepariamo ad invocare lo Spirito Creatore che faccia di voi i servi di Gesù Cristo, servi per amore dell’Amato.
Sento il desiderio di ringraziare tutti coloro che hanno curato la vostra formazione: in particolare i vostri Genitori, i vostri Parroci, il Rettore e gli altri Superiori del Seminario.
Coloro a cui sarete inviati per svolgere il vostro ministero diaconale, vi aiutino con la preghiera e con l’esempio a custodire la vostra vocazione, l’unico vero tesoro posto nelle vostre mani. Veglino su di voi la beata Vergine Maria, che qui invochiamo come Madonna della Fontana, San Rocco, San Carlo, San Paolo della Croce, San Barsanofio, i Ss. Medici, i Ss. Martiri di Otranto e il beato Bartolo Longo. Amen.
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