Omelia del vescovo Vincenzo nell'Ordinazione Diaconale di Carmine Maiorano e Valerio Gioia
Oria, 30 marzo 2023 - Basilica Cattedrale
La Parola di Dio che la Madre Chiesa ha imbandito per i suoi figli in questo giovedì della quinta settimana di Quaresima ci invita a porre l’attenzione proprio sulla Parola, la cui osservanza ci preserva dalla morte, come ci ha appena indicato Gesù nel Vangelo.
Nel primo versetto della prima lettura (Gen 17, 3) è detto con grande enfasi che Abram si prostra con il viso a terra – anche voi Ordinandi vi prostrerete – e “Dio parlò con Lui”.
Quanto è importante prendere consapevolezza che Dio ci parla, che si rivolge proprio a noi con la Sua Parola, che non è muto, perché tale consapevolezza ci fa comprendere che siamo nell’interesse di Dio, che Egli si occupa di noi, si prende cura della nostra vita, non è un Dio distante ma piuttosto un Padre amorevole, premuroso, che custodisce le Sue creature istruendole con la Parola che rivolge loro.
Ancor prima del contenuto della Parola che Dio ci rivolge, è quanto mai utile e necessario coscientizzarci del fatto che Dio ci parla, perché solo se siamo pienamente consapevoli di questo possiamo disporci ad un ascolto accogliente e fruttuoso di ciò che Dio ci dice. Non è raro che molti cristiani si rapportino a Dio come ad una realtà talmente immutabile, inintellegibile e muta da apparire irraggiungibile e morta. Ecco perché è assolutamente importante comprendere queste parole - “Dio parlò con lui” - perché ci rendono consapevoli che Dio non solo è vivo ma vuole instaurare un rapporto personale con ogni Suo figlio; per questo gli parla! La Parola che Dio pronuncia non è mai una Parola universalmente adattabile, una sorta di jolly che va bene per chiunque e in qualunque situazione. Dio parla a ciascuno, personalmente, in modo diretto, anche se utilizza la stessa Parola. E questo perché il rapporto che Egli vuole è quello di Padre-figlio! Un rapporto intimo, profondo, creativo, che si nutre di fiducia nell’ascolto e osservanza nell’amore.
E alle parole della Genesi fa eco il Salmo 105, che ci fa pregare chiedendoci di ricordare “i giudizi della sua bocca” (105, 5b) perché Egli “si è sempre ricordato della sua alleanza, parola data per mille generazioni” (105, 8), cioè a tutti e a ciascuno.
Gli Atti degli Apostoli ci fanno vedere il ministero della Parola di Filippo verso l’Etiope: “Filippo, prendendo la parola e partendo da quel passo della Scrittura, annunciò a lui Gesù” (8, 35). Attraverso la Parola, pronunciata da Dio col profeta Isaia, e in quel momento rivolta all’Etiope, come adesso a noi che l’abbiamo ascoltata, Filippo fa incontrare quell’uomo, che è alla ricerca, con Gesù. È un incontro personale, intimo, che produce conversione e piena adesione tanto da fargli chiedere immediatamente il battesimo. E questo avviene attraverso la Parola di Dio che parla all’Etiope.
E, infine, il Vangelo ci indica il termine ultimo dell’ascolto di Dio che ci parla: la vita! “Se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno” (Gv 8, 51).
Miei cari Carmine e Valerio, dopo che siete stati scelti dalla Chiesa per il ministero diaconale, dopo le promesse che in piena libertà deciderete di assumere dinanzi a Dio e alla Sua Chiesa come risposta alla vostra elezione e dopo la mia imposizione delle mani, con la quale vi trasmetterò lo Spirito di Gesù Servo, e la preghiera di ordinazione, il primo regalo che riceverete dalle mani della Chiesa è proprio il Vangelo. Accompagnerò tale gesto con queste significative parole:
“Ricevi il Vangelo di Cristo
del quale sei divenuto l’annunziatore:
credi sempre ciò che proclami,
insegna ciò che hai appreso nella fede,
vivi ciò che insegni”.
Ecco cosa diventerete: annunziatori del Vangelo di Cristo! Il Diacono è il servo del Vangelo di Gesù. Da oggi la vostra vita deve essere vissuta sempre e in ogni circostanza al servizio del Vangelo. Non cercate altro, miei cari Ordinandi, che il servizio del Vangelo.
Ora, l’annunziatore, per essere fedele, deve seguire alcune regole essenziali.
Innanzitutto dovrete credere che Dio parla anche oggi, e parla con ciascuno attraverso strumenti che Egli sceglie. Voi siete degli strumenti privilegiati che Dio ha scelto per portare il suo Vangelo; sarete dei corrieri di Dio, perché dovrete portare la Sua Parola; attenti bene: la Sua Parola, mai la vostra. Anzi, ancor di più: la vostra parola dovrà essere la Sua Parola, nel senso che non dovrete avere altro da dire che la Parola che avrete ascoltato. E questa è la seconda caratteristica: ascoltare prima di parlare! Ascoltare Dio prima di annunciarlo ai fratelli! AscoltarLo in un’intimità profonda, con il vostro orecchio sul Suo Cuore, come Giovanni nell’ultima cena. Ascoltare per comprendere i moti di amore di Dio per il Suo popolo. Ascoltare per assimilare, per divenire Parola incarnata e offerta nell’annunzio.
Voglio offrirvi alcuni pensieri di un grande Santo del secolo scorso, recentemente canonizzato: Charles de Focauld.
Egli diceva che bisogna “gridare il Vangelo con tutta la propria vita” e per arrivare a questo è necessario avere un moto congiunto di conoscenza e di amore, tale che si possa tradurre in imitazione. Il Signore aveva rivelato a Saint Charles questa via: “Scruta le Scritture... e sii Me, solo Me”. Come dire che se non si imita Gesù, non lo si ama e non lo si conosce.
Solo se vi farete penetrare e trasformare dal Vangelo, che è Parola efficace di Dio, sarete resi simili a Colui che ha detto: “Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli: conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi” (Gv 8, 31b-32).
Per arrivare alla conoscenza della verità, bisogna perseverare nella Parola di Gesù, custodirla, cioè mettere in pratica i comandamenti del Maestro e seguirlo come un discepolo. Chi custodisce la Parola è abitato dalla Parola e vive il Vangelo, secondo quanto dice Saint Charles: “Torniamo al Vangelo. Se non viviamo il Vangelo, Gesù non vive in noi”.
E il nostro Santo ci offre una via concreta per tornare al Vangelo: “Impregnarsi dello Spirito di Gesù, leggendo e rileggendo, meditando e rimeditando senza posa le sue parole e il suo esempio: che cadano sull'anima come la goccia d'acqua che cade e ricade sempre allo stesso punto su una lastra di pietra”. E quella lastra di pietra, lo ricordo, è il nostro cuore (cfr. Ger 11, 19).
E continua Saint Charles: “La perfezione consiste nell'essere come il Maestro. È pura follia e peccato il solo pensare che sia possibile essere in qualche cosa più perfetti di Lui”.
Eppure, tante volte siamo tentati di farci superiori al Maestro, magari rifugiandoci nella propria debolezza e nell’inclinazione del carattere oppure ostentando sicurezza, cultura e dignità che gli altri devono rispettare. E ci riteniamo superiori al Maestro anche quando nella nostra bocca la lingua pronuncia giudizi sommari e impietosi sugli altri, sulla Chiesa e sulla sua azione, sui Superiori, sui Confratelli e, in genere, su ciò che non ci piace! Ecco, questo è follia e peccato!
Cari Carmine e Valerio, vi invito ad accogliere l’esortazione di Saint Charles de Focauld quale programma di vita diaconale, oggi, e sacerdotale, domani: “Non cerchiamo di essere più grandi di Gesù agli occhi degli uomini... Il Maestro è stato disprezzato, il discepolo non deve essere onorato; il Maestro è stato povero, il discepolo non dev'essere ricco; il Maestro è vissuto con il lavoro delle sue mani, il discepolo non deve vivere di rendita; il Maestro andava a piedi, il discepolo non deve andare a cavallo; il Maestro cercava la compagnia dei piccoli, dei poveri, dei lavoratori, il discepolo non deve farsela con i potenti; il Maestro appariva agli occhi di tutti un lavoratore, il discepolo non deve apparire un potente personaggio; il Maestro è stato calunniato, il discepolo non dev'essere lodato; il Maestro era vestito poveramente, era scarsamente nutrito, era miseramente alloggiato, il discepolo non deve andar vestito in modo elegante, essere ben nutrito, avere una casa comoda; il Maestro ha lavorato, si è stancato, il discepolo non deve pensare al riposo; il Maestro ha voluto apparire piccolo, il discepolo non deve voler sembrare grande”.
Ecco un serio programma di vita, e non solo per voi Ordinandi ma anche per tutti noi che siamo qui.
Sento il desiderio di ringraziare tutti coloro che hanno avuto cura di voi: in particolare i vostri Genitori, i vostri Parroci e i Sacerdoti che vi hanno guidato, i Rettori e gli altri Superiori dei Seminari.
Veglino su di voi la beata Vergine Maria, decoro e splendore del Carmelo, San Giuseppe, San Valerio, San Barsanofio, i Ss. Medici, San Giovanni XXIII e il beato Bartolo Longo. Amen.
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