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Omelia del vescovo Vincenzo nell'Ordinazione Sacerdotale di Fra Bruno Delmastro OFM

Francavilla F.na, 18 ottobre 2024 - Parrocchia Maria SS. della Croce

Il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé” (Lc 10, 1).

Credo fortemente che la celebrazione che stiamo vivendo sia la concretizzazione di quanto abbiamo ascoltato nel Vangelo che è stato proclamato in questa festa dell’evangelista Luca. Lo scriba mansuetudinis Christi, come è stato chiamato San Luca, ci dice, innanzitutto, che il Signore Gesù designa e invia dinanzi a sé. È esattamente ciò che è avvenuto poco fa: il Signore Gesù, vivo e presente in questa santa liturgia, ha designato fra Bruno fra coloro che Egli consacra per inviarli dinanzi a sé. Deve essere sempre chiaro a te fra Bruno, ma anche a ciascuno di noi che già siamo sacerdoti, che l’esistenza sacerdotale di un uomo non dipende dalla sua volontà, dal suo desiderio, dalle sue aspettative: siamo sacerdoti perché Gesù Cristo, con atto libero e creativo, ci ha designati per questo ministero. Ciò che noi siamo chiamati a fare è dare la nostra risposta di fede, il nostro assenso a metterci totalmente nelle mani di Dio, a non progettare la nostra vita sacerdotale, ma a fidarci di ciò che il Signore, attraverso la forza del Suo santo Spirito e nelle indicazioni della Madre Chiesa, ci fa progressivamente conoscere.

Quindi designato ed inviato davanti a Cristo! Caro fra Bruno, non dovrai camminare per la tua via ma sulla via di Gesù e dinanzi a Lui per aprirGli la strada, e fuori di metafora, per preparare i cuori e le coscienze dei tuoi fratelli e delle tue sorelle, cui sarai inviato, perché accolgano la luce della fede nel Redentore. Potresti chiederti: ma non sarò libero di andare dove voglio, di intraprendere una via che mi piace, un percorso che mi alletta? No, caro Ordinando, né oggi né mai! Perché l’unica via sicura ed utile per i tuoi fratelli e le tue sorelle e per te stesso è quella che il Maestro ti ha preparato! D’altra parte non devi camminare per portare qualcosa di tuo, ma il Suo Vangelo e la Sua carne e il Suo sangue e la Sua misericordia! Ci illumina San Francesco che nel suo testamento scrive:

Poi il Signore mi dette e mi dà una così grande fede nei sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa romana, a motivo del loro ordine, che se mi facessero persecuzione, voglio ricorrere proprio a loro. E se io avessi tanta sapienza, quanta ne ebbe Salomone, e trovassi dei sacerdoti poverelli di questo mondo, nelle parrocchie in cui dimorano, non voglio predicare contro la loro volontà. E questi e tutti gli altri voglio temere, amare e onorare come miei signori.

E non voglio considerare in loro il peccato, poiché in essi io discerno il Figlio di Dio e sono miei signori. E faccio questo perché, dello stesso altissimo Figlio di Dio nient’altro vedo corporalmente, in questo mondo, se non il santissimo corpo e il santissimo sangue suo, che essi ricevono ed essi soli amministrano agli altri” (Testamento, 6-10; FF 112-113).

Dalla tua professione solenne nell’Ordine dei Frati Minori e dall’ordinazione diaconale hai ricevuto nelle tue mani una bussola sicura con due facce ma un’unica funzione: questa bussola bifronte è il Vangelo e la Regola dell’Ordine. Seguendola, sarai sicuro di essere sulla via che è stata preparata per te dall’Alto! Solo così il tuo ministero sarà utile per coloro cui sei mandato. Non avere mai ripensamenti!

Vorrei fermarmi su alcuni altri verbi che l’Evangelista ci ha offerto nel Vangelo proclamato e che, mi pare, indichino i punti essenziali della vita sacerdotale.

Innanzitutto, dopo la designazione e l’invio, san Luca mette nella bocca di Gesù un imperativo: “Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!” (Lc 10, 2). Consapevole di essere stato scelto e inviato, prima di ogni attività, di ogni missione, di ogni impegno pastorale, dovrai pregare. Perché il Signore ci chiede la preghiera prima di tutto? Per avere una risposta a questa domanda è utile chiedersi cos’è la preghiera. Nella Leggenda dei Tre Compagni ci viene offerta non una spiegazione della preghiera ma una testimonianza, quella di san Francesco, che indubbiamente molto ci istruisce:

D’improvviso il Signore lo visitò e n’ebbe il cuore riboccante di tanta dolcezza che non poteva muoversi né parlare, non percependo se non quella soavità. E da quell’ora smise di adorare se stesso e persero via via di fascino le cose che prima amava. Il mutamento però non era totale, perché il suo cuore restava ancora attaccato alle suggestioni mondane. Ma svincolandosi man mano dalla superficialità, si appassionava a custodire Cristo nell’intimo del cuore; e nascondendo allo sguardo degli illusi la perla evangelica che intendeva acquistare a prezzo di ogni suo avere, spesso e quasi ogni giorno s’immergeva segretamente nell’orazione. Vi si sentiva attirato dall’irrompere di quella misteriosa dolcezza che penetrandogli sovente nell’anima, lo sospingeva alla preghiera perfino quando stava in piazza o in altri luoghi pubblici” (FF 1402-1403).

La preghiera è la dolcezza dell’unione con Gesù, il custodirLo nell’intimo del cuore. Ecco svelato il perché il Signore ci invita a pregare prima di ogni attività, perché ogni opera sia fatta con Lui, nella Sua volontà e, nelle necessarie tribolazioni, con la dolcezza che scaturisce dalla profonda unione con il Maestro. Caro fra Bruno, il sacerdote è chiamato ad essere un contemplativo mentre agisce! Tutto può essere utile nel ministero sacerdotale, la professionalità, l’intelligenza teologica, i talenti ricevuti, ma se ogni cosa non è vissuta con fede nella contemplazione che scaturisce dalla preghiera, è vana e, spesso, anche dannosa!

Non ti fare distrarre da presunte urgenze! La cosa più urgente è l’unione con Gesù che si ottiene innanzitutto con la preghiera. Fra poco, sarai interrogato dinanzi al Popolo santo di Dio e dovrai assumerti un impegno specifico, quello di essere uomo di preghiera. Il Signore ti conceda ciò che ha concesso a San Francesco, come ci racconta Tommaso da Celano: “Spesso, senza muovere le labbra, meditava a lungo dentro di sé e, concentrando all’interno le potenze esteriori, si alzava con lo spirito al cielo. In tale modo dirigeva tutta la mente e l’affetto a quell’unica cosa che chiedeva a Dio: non era tanto un uomo che prega, quanto piuttosto egli stesso tutto trasformato in preghiera vivente” (Vita Seconda, FF 682).

L’evangelista Luca, dopo l’imperativo sulla preghiera, mette sulla bocca di Gesù l’imperativo della missione: “Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi” (Lc 10, 3).

Caro fra Bruno, è mio preciso dovere, prima che tu assuma gli obblighi sacerdotali, ricordarti che il Signore non ci manda dove c’è pace, tranquillità, riposo. Ci manda in mezzo ai lupi e non con l’aggressività del lupo ma con la mansuetudine dell’agnello. Si, la missione è un rischio ma non c’è niente di più bello che vedere come la docilità, nella maggioranza dei casi, smonti gli animi violenti. Ci racconta Tommaso da Celano che San Francesco “Non esitò a presentarsi al cospetto del sultano dei saraceni. Chi potrebbe descrivere con quale coraggio gli stava davanti, la fermezza con cui gli parlava, l’eloquenza e la decisione con cui rispondeva a quelli che ingiuriavano la legge cristiana? Prima di giungere al sultano, i suoi sicari l’afferrarono, lo insultarono, lo sferzarono, ed egli non si atterrì: né minacce, né torture, né morte; e sebbene investito dall’animo ostile e da sentimenti di odio di molti, eccolo accolto dal sultano con grande onore! Questi lo circondava di favori regalmente e, offrendogli molti doni, tentava di convertirlo alle ricchezze del mondo; ma, vedendolo disprezzare tutto risolutamente come spazzatura, ne rimase profondamente stupito, e lo guardava come un uomo diverso da tutti gli altri. Era molto commosso dalle sue parole e lo ascoltava assai volentieri” (Vita prima, FF 422).

Coltiva la virtù della mitezza, fatti prendere per mano da questo dono della grazia di Dio e fatti accompagnare nel tuo ministero: ne avrai grandissimi frutti!

E Gesù ci offre un altro imperativo: “Non portate borsa, né sacca, né sandali” (Lc 10, 4). Qui siamo proprio ad un punto nodale della tua vocazione sacerdotale nell’Ordine minoritico: essere sacerdote che ha sposato Madonna povertà! La tua, la nostra ricchezza è l’amore di Dio di fronte al quale tutto viene meno. Non temere di essere povero: hai un grande tesoro da offrire ma devi portarlo in vasi di creta, nella tua umanità fragile e povera, perché appaia che la potenza straordinaria appartiene a Dio e non viene da te (cfr. 2Cor 4, 7).

Non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada” (Lc 10, 4), continua Gesù. Ed è proprio necessario ciò che ci viene chiesto: il raggiungimento della meta è prioritario nella missione che ci viene affidata. Sarebbe veramente grave fermarsi anche per un’opera di educazione quale è il saluto dimenticando o, comunque, procrastinando l’urgenza della missione ricevuta, quella di portare la presenza del Signore a chi ci attende. E con la presenza del Signore anche la pace: Dite: «Pace a questa casa!»” (Lc 10, 5). Il fermarsi lungo la strada non deve essere inteso in senso letterale, perché ci si può fermare lungo la strada anche quando si perde tempo, rispetto al raggiungimento della meta e dell’impegno affidatoci, in vane discussioni, in eloqui a volte forbiti ma senza una vera anima. Il non fermarsi dice attenzione a chi ci attende, premura verso chi desidera l’incontro con il Signore, di cui tu sarai costituito strumento. Il saluto lungo la via può soddisfare un desiderio di sfogo, di chiacchera, a volte legittimo, ma sottrae la soddisfazione di un bisogno primario di coscienza: il dono della pace. Nella tua vita sacerdotale, caro fra Bruno, non ci sia solo il formale saluto francescano “Pace e bene” ma soprattutto l’ansia di portare il Principe della pace ai tuoi fratelli e alle tue sorelle di fede. La tua ansia pastorale trovi riposo nella casa cui hai augurato e portato, con Gesù, la pace: Restate in quella casa” (Lc 10, 7). Solo restando nella casa cui si è augurata la pace, si può essere inondati dallo stesso dono. E il restare nella casa indica l’impegno a creare fraternità. È ancora San Francesco che, scrivendo ad un Ministro, ci indica la via già presente e tracciata dal Vangelo: “Se qualcuno dei frati, per istigazione del nemico, avrà peccato mortalmente, sia tenuto per obbedienza a ricorrere al suo guardiano. E tutti i frati, che fossero a conoscenza del suo peccato, non gli facciano vergogna né dicano male di lui, ma abbiano grande misericordia verso di lui e tengano assai segreto il peccato del loro fratello, perché non i sani hanno bisogno del medico, ma i malati.E similmente per obbedienza siano tenuti a mandarlo con un compagno dal suo custode. Lo stesso custode poi provveda misericordiosamente a lui, come vorrebbe si provvedesse a lui medesimo, se si trovasse in un caso simile. E se fosse caduto in qualche peccato veniale, si confessi a un suo fratello sacerdote. E se lì non ci fosse un sacerdote, si confessi a un suo fratello, fino a che avrà a disposizione un sacerdote che lo assolva canonicamente, come è stato detto. E questi non abbiano potere di imporre altra penitenza all’infuori di questa: «Va’ e non voler peccare più!»”. (Lettera a un Ministro, FF 237-238).

La fraternità si crea con la misericordia e tu, caro fra Bruno, con l’ordinazione sacerdotale e le facoltà necessarie, diventerai ministro di misericordia, cioè ministro di fraternità non solo per l’Ordine dei Frati ma per l’intera Chiesa. Il ministero di confessore, che ti prego di svolgere con dedizione e passione, ti offrirà l’opportunità di mettere in pratica quest’altra parola di Gesù:Guarite i malati che vi si trovano” (Lc 10, 9). Ricordati che la malattia dello spirito, della coscienza è ben peggiore di quella del corpo, perché mentre la malattia corporale può portare alla morte fisica, quella della coscienza può portare alla morte eterna. Usa abbondante l’olio della misericordia, ma non senza aver versato il vino della verità perché il perdono che amministrerai nel nome di Gesù Salvatore scaturisca dalla coscienza del proprio peccato e dal desiderio di salvezza eterna. E così a tutti potrai dire: “«È vicino a voi il regno di Dio»” (Lc 10, 9).

Con questi sentimenti ci prepariamo ad invocare lo Spirito Creatore che modelli in te il volto del bel Pastore.

Ringrazio tutti coloro che ti hanno formato: in particolare i tuoi Genitori, il Ministro Provinciale e gli altri Superiori.

A voi, cari Fedeli, chiedo di aiutare con la preghiera e con l’esempio fra Bruno perché custodisca la sua vocazione, l’unico vero tesoro posto nelle sue mani. Veglino su di te la beata Vergine Maria, San Luca, il Padre San Francesco, la Madre Santa Chiara, San Bruno, San Barsanofio e i Ss. Medici. Amen.

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