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Omelia nell'Ordinazione Presbiterale di Antonio Dell'Aquila, Roberto Lonoce e Marco Stasi

Oria, 2 settembre 2017 - Chiesa di San Giovanni Paolo II al Santuario San Cosimo alla Macchia

Carissimi Amici,
desidero parteciparvi la grandissima gioia che pervade il mio animo e, sono certo, anche il vostro, nel vedere riunita la nostra Chiesa diocesana per l’ordinazione sacerdotale di don Antonio, don Roberto e don Marco, in questo nuovo tempio dedicato a San Giovanni Paolo II, un santo papa, un pastore che con la vita e con l’insegnamento ha dato testimonianza al mondo di come si vive il ministero sacerdotale, a servizio di Dio e del Suo Popolo santo.

Sin da adesso, miei cari Ordinandi, vi affido all’intercessione di San Giovanni Paolo II, perché possiate essere sacerdoti innamorati di Gesù e del Suo gregge; sacerdoti che desiderano spendersi totalmente perché il Vangelo cammini sulle strade della nostra storia e conquisti il cuore degli uomini e delle donne del nostro tempo; sacerdoti che siano ponti tra la terra e il cielo, che desiderano ardentemente offrire il proprio dorso per far passare ogni fratello e sorella incamminato verso il Padre.

Sembra quasi che la liturgia della Parola di questa XXII domenica del tempo ordinario sia stata pensata proprio per un’ordinazione sacerdotale, tanto è forte ed intenso il messaggio che ci offre. E questo messaggio noi vogliamo coglierlo nella sua pienezza, senza tralasciare alcuna parola a noi rivolta, perché la nostra fede si irrobustisca e i nostri occhi possano contemplare la maestà e la gloria della Ss.ma Trinità, alla Quale sia gloria nei secoli dei secoli!

La prima lettura, tratta dal profeta Geremia, ci presenta una situazione di angoscia che tocca l’inviato di Dio al popolo d’Israele: a causa della Parola che Geremia è chiamato ad annunciare, egli vive nella vergogna, nello scherno, nella derisione e nella beffa. Ma vale la pena mettersi a servizio del Signore, se poi bisogna affrontare queste situazioni?

Non è forse questa una preoccupazione che interessa il vostro cuore e la vostra mente, miei cari Ordinandi, dato che avete già fatto qualche piccola esperienza di rifiuto della Parola? Se il sacerdote dovesse considerare il suo ministero su un piano puramente umano, allora si che non varrebbe la pena affrontare difficoltà e problemi. Ci sono tanti ambiti in cui umanamente si può avere molta soddisfazione e riconoscimento. Ma il vostro ministero, carissimi, è sul piano della fede. La vostra è una scelta che interessa non l’aspetto a voi esterno, ma la vostra stessa esistenza, il vostro intimo più profondo. È alquanto eloquente la riflessione che fa Geremia: “Mi dicevo: "Non penserò più a lui, non parlerò più nel suo nome!". Ma nel mio cuore c'era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo” (Ger 20, 9). Lo Spirito santo, che tra poco invocheremo su di voi, accenderà questo fuoco ardente dentro di voi e, se sarete sempre mossi da retta intenzione, non potrete spegnerlo, non potrete contenerlo. So già, conoscendo sin dall’inizio il vostro percorso vocazionale, che voi volete pensare a Lui, che voi volete parlare nel suo nome; so bene che l’entusiasmo non vi manca; so bene quanto avete desiderato questo giorno! Ciononostante, devo mettervi in guardia, perché anche per voi arriverà il momento della prova, in cui sperimenterete il “non-senso” della vostra vita spesa per il vangelo. In quei momenti, carissimi figli, ricordatevi di questo fuoco che è in voi, nelle vostre ossa, in ogni cellula del vostro corpo, di questo fuoco che è lo Spirito di Dio e che non potrete contenere. Arrivate a quei momenti allenati nella preghiera fedele e costante, nell’intimità con Gesù, percependo di essere il discepolo amato che può posare il capo sul petto del Signore. Fate vostra la preghiera del salmo responsoriale:

“O Dio, tu sei il mio Dio,
dall'aurora io ti cerco,
ha sete di te l'anima mia,
desidera te la mia carne
in terra arida, assetata, senz'acqua.
Così nel santuario ti ho contemplato,
guardando la tua potenza e la tua gloria.
Poiché il tuo amore vale più della vita,
le mie labbra canteranno la tua lode.
Così ti benedirò per tutta la vita:
nel tuo nome alzerò le mie mani”
(Sal 63, 2-5).

Cercate il Signore dall’aurora! Per alzarsi all’aurora bisogna avere una vita regolata, ritmata non sulle mode del momento, non sulle false esigenze dei social network, non su uno stile godereccio e spensierato. Ma perché cercare il Signore all’aurora? Perché non avere una maggiore comodità? Miei cari, perché Dio all’aurora si fa trovare; all’aurora ci attende; all’aurora esce per cercare gli operai per la sua vigna! Ciò che vi sto dicendo non è un pio consiglio ma un’esigenza dello spirito e un’urgenza dello stile pastorale! Ecco: Cercate il Signore dall’aurora!
Alimentate la sete di Dio della vostra anima, il desiderio del Signore della vostra carne, perché siete in una terra arida, senz’acqua. Se il sacerdote non ha sete di Dio, non desidera l’unione con Lui, non potrà mai dissetare la terra arida a cui è inviato. Prendete coscienza, miei cari figli, che una delle cause principali dell’indifferenza religiosa è proprio la mancanza di sete di Dio dei ministri sacri. D’altra parte, Gesù sulla croce ha proprio espresso questa necessità: “Ho sete!” (Gv 19, 28). Si, coltivate in voi la sete di Dio per essere capaci di dissetare il popolo santo a cui sarete mandati.

Nel santuario ti ho contemplato. C’è un primo santuario in cui dovete contemplare il Signore: quello della vostra coscienza! Lì l’uomo, ogni uomo, quindi anche voi, è solo con Dio, e lì Dio parla in modo accorato. Dice il Concilio Vaticano II: “La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità. Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge che trova il suo compimento nell’amore di Dio e del prossimo” (GS 16). Curate questo santuario personale con estrema attenzione e lì imparate a contemplare e ad ascoltare Dio. C’è un altro santuario nel quale dovete contemplare il Signore: il popolo santo di Dio. Il vostro ministero sacerdotale, attraverso l’annuncio della Parola, i Sacramenti, le azioni liturgiche, l’ascolto paziente e paterno dei fedeli, consisterà nel plasmarli a somiglianza di Cristo, sia individualmente che comunitariamente. E mentre lavorate a questa nobilissima opera, mentre voi stessi diventate “forma del gregge”, potrete contemplare nel volto di ciascuno quello di Cristo! C’è un terzo santuario in cui potrete e dovrete contemplare il Signore: è il nostro Presbiterio! Si, figli miei, il Presbiterio nel quale state per entrare è il nostro santuario! Qui potrete contemplare Dio nella passione evangelizzatrice di chi vi precede; potrete contemplare il Signore in tutti i sacerdoti che si sforzano di costruire la comunione presbiterale; potrete scoprire Dio in tutti coloro che portano con serena fiducia la Croce del Signore; potrete vedere il Signore anche in chi, sopraffatto dall’umana debolezza, sa affidarsi alla sua misericordia e si sforza ogni giorno, sostenuto dalla grazia di Dio, di rialzarsi per camminare sulla via del vangelo. Entrando in questo santuario, che è il Presbiterio, dovrete anche voi contribuire perché i fratelli possano contemplare il Signore risorto. E quanto più vi impegnerete, tanto più splenderà d’amore questo nostro santuario e tanto più sperimenteremo che l’amore del Signore vale più della vita e le nostre labbra canteranno la sua lode!

Così ti benedirò per tutta la vita: nel tuo nome alzerò le mie mani. Amati figli, per tutta la vostra vita benedite il Signore, dite bene di Lui non solo con la parola ma con la vita stessa! Gridate che il Signore è buono e ci ama! Gridatelo con la vita, come dice il beato Charles de Focauld. Siate come Mosè che sul monte alzava le mani a Dio ed il popolo era più forte del nemico. Anche voi abbiate le mani alzate nel nome del Signore per rendere invincibili i fedeli che dovrete servire. Questo è un modo efficace per benedire Dio per tutta la vita e con tutta la vita!
“Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rm 12, 2). L’invito di Paolo sia un monito costante: richiamatevelo ogni mattina e fate l’esame di coscienza serale. Dovete essere “nel mondo” ma non “del mondo”, come ci ha detto Gesù. Per questo non dovrete conformarvi alle mode del mondo. L’eccessiva cura di sé e del proprio corpo, l’abbigliamento ricercato, gli strumenti informatici all’avanguardia e tanto altro sono oggi le mode del mondo da cui guardarvi per non conformarvici. Rinnovate il vostro modo di pensare, non ponendo al centro dell’attenzione voi stessi ma Dio e il prossimo. Il perno su cui far ruotare la vostra esistenza è “DIO”, non l’”IO”. A questo proposito il monito di Gesù, che abbiamo ascoltato nel vangelo, è particolarmente forte: “Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà” (Mt 16, 25).
Cari Ordinandi, perdete la vita per Gesù: vi assicuro che ne vale la pena!

E anche voi, cari fratelli e sorelle, che fate oggi corona intorno a questi giovani leviti, scegliete sempre di perdere la vita per Gesù: è l’unico modo per trovarla e conservarla.
Pregate per questi giovani sacerdoti e per tutti i sacerdoti, pregate per i giovani perché sentano il fascino della sequela di Gesù e scelgano di seguirlo nella via della totale consacrazione.

A voi tutti fedeli chiedo di avere cura dei vostri sacerdoti: con l’esempio, con la discrezione, con l’amicizia sincera che sa anche indicare i pericoli per la vocazione. Non abbiate paura di chiedere ai sacerdoti di indicarvi la via per arrivare a Gesù: è la loro missione. E pregate anche per me!

Cari figli Ordinandi, mentre ringrazio di cuore i vostri Genitori, i vostri Parroci, i vostri Formatori, in particolare il Rettore del Pontificio Seminario Regionale Pugliese, il nostro don Gianni, per la cura che hanno avuto per voi, vi affido alla protezione della beata Vergine Maria, di San Giuseppe, di San Giovanni Paolo II, dei Ss. Medici, di San Barsanofio, di Sant’Irene, di San Rocco, di San Vincenzo de’ Paoli e del beato Bartolo Longo. Amen.

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