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Omelia nella Solennità di San Barsanofio Abate

Oria, 30 agosto 2014 - Basilica Cattedrale

“Farò di te un grande popolo e ti benedirò,  Renderò grande il tuo nome e diventerai una benedizione” (Gen 12, 2).

Così si rivolgeva Dio ad Abramo. Credo che questa Parola che abbiamo ascoltato nella prima lettura, ci introduca in modo appropriato nella riflessione sulla vita del nostro Santo Patrono, San Barsanofio e, soprattutto sul suo insegnamento.

Di San Barsanofio abbiamo poche notizie circa la vita, e quel che si sa viene direttamente dal suo Epistolario, che è molto ampio.

Nasce in Egitto nei primi anni del 400, è di lingua copta e ben presto si ritira in Palestina, presso Gaza, per condurre il suo cammino spirituale in pieno isolamento: così vivrà sino alla morte, avvenuta nel 540. Uscirà dal suo isolamento solo una volta per fare la lavanda dei piedi agli altri monaci, dato che uno di essi, non avendolo mai visto, negava la sua reale esistenza e attribuiva all’abate Serido le risposte che, invece, dettava Barsanofio.

Nonostante la sua vita reclusa, fatta per scelta, ebbe un fortissimo contatto con gli altri monaci che vedevano in  lui, e giustamente, un grande maestro di vita spirituale a cui attingere per seguire la propria vocazione ascetica: da questi era definito il “Grande Anziano”. Il contatto avveniva tramite le sue lettere che egli dettava, senza farsi vedere.

Come ho già fatto in passato, vorrei in questa circostanza fermarmi a considerare un insegnamento che il nostro Protettore ha dato ai suoi monaci e che vale anche per noi. Così la nostra conoscenza di San Barsanofio può diventare quasi esperienziale, attingendo direttamente dal suo insegnamento.

L’argomento che desidero trattare è “la paternità spirituale” nell’esperienza di San Barsanofio.

      Chi è il padre spirituale per il Grande Anziano? E’ colui che prende su di sé la cura dei propri figli spirituali. E’ colui che svela, rende attuale e sperimentabile, per coloro che Dio gli affida, la funzione paterna e generante di Dio. Il padre spirituale è come la presenza di Dio Padre per colui che è generato “figlio di Dio”.

      Scrive San Barsanofio all’abate Serido e a Giovanni di Gaza: “Vi porto completamente su di me ed ho cura di voi secondo Dio. Faticate insieme dunque, e lottate per troncare da voi l’ira e l’animosità”  (Ep. 24).

      Cosa comporta questa identificazione del padre spirituale con Dio stesso? Che il cuore del padre deve seguire sempre i propri figli, essere con loro in qualsiasi momento e dovunque.

      Scrive: “Non hai udito da me che dovunque tu vada e qualunque cosa tu faccia per Dio, il mio cuore viene con te?[…] Comprendi il valore di tutte le cose che ti sono state scritte da parte mia, e agisci così e sta in pace. Pace a te da parte mia, o meglio, da parte di Dio” (Ep. 28).

      Quanto è importante, miei cari Amici, il ministero della paternità spirituale! Lo dico a me, lo dico ai Sacerdoti presenti, lo dico a chi ha avuto il dono e la missione di essere padre e madre spirituale.

      Dobbiamo sempre avere a cuore la continua e progressiva generazione della vita divina di coloro che ci sono stati affidati dall’amore di Dio. Il nostro cuore, come quello di San Barsanofio, deve sempre seguire il cammino dei figli spirituali. Un padre naturale è sempre tale per colui che ha generato. Dio è sempre Padre per coloro che ha creato. E il padre spirituale deve sentire sempre come parte di sé il cammino del proprio figlio. Non può disinteressarsene, o essere superficiale e distratto. San Barsanofio ce l’ha detto con estrema chiarezza!

      All’anziano monaco Andrea dice: “Come Dio stesso sa, non c’è attimo, non c’è ora, in cui io non ti abbia nella mente e nella preghiera. E se io ti amo tanto, Dio che ti ha fatto ti ama molto di più” (Ep. 114).

      La paternità spirituale deve manifestarsi nell’attenzione e nella preghiera per il proprio discepolo, ma anche nell’atteggiamento di umiltà che il padre insegna al figlio soprattutto attraverso l’esempio. Il padre spirituale, sebbene rappresenti e sia, per certi versi, la presenza stessa di Dio, non è il padrone della coscienza e del cammino di vita cristiana del discepolo. Ne è, piuttosto, il servitore. È solo Dio il padrone dell’anima dell’uomo, perché Egli è il suo Creatore!

      La paternità spirituale, quando è secondo Dio, è come un abbraccio continuo che spegne l’ardore delle passioni. Barsanofio scrive a Giovanni: “Abbraccio la tua Carità incessantemente. Ti è possibile capirlo dallo spegnersi a poco a poco, in te, del moto della terribile ira. Sarà con te la pace”  (Ep. 38).

      Quanto è importante sentire la presenza di Dio nella propria vita, attraverso il ministero del direttore spirituale, soprattutto quando un impeto causato da una passione, come l’ira, come la vanità, come il potere, ci spinge ad azioni che, a ben considerare, non solo non sono cristiane ma nemmeno umane. Dobbiamo imparare a ricorrere con maggiore frequenza a colui che dirige il nostro spirito, vincendo anche quella tentazione dell’autosufficienza spirituale. Molto spesso, alla base della mancanza di un padre spirituale nella nostra vita sta la subdola convinzione che posso fare a meno di Dio, che riesco a gestire totalmente la mia vita, anche quella spirituale. E invece proprio questo senso di autosufficienza ci consegna nelle mani del tentatore, che ci vuole allontanare da Dio e da noi stessi.

      Sento di dover ribadire con forza la necessità per ogni cristiano di ricorrere alla figura del padre spirituale che ci aiuti a custodire la vita divina che è in noi dal momento del nostro Battesimo. E sento anche di dover ribadire a noi Sacerdoti la necessità di essere dei buoni padri spirituali: dotti, amorevoli e disponibili. Lo spessore della vita cristiana passa attraverso questo prezioso e delicato ministero.

      Qual è la ricompensa del padre spirituale?  “La mia grande gioia è il progresso di tutti voi” (Ep. 208), scrive Barsanofio.

      Il padre spirituale non ha altra ricompensa se non quella di veder crescere la solidità della vita cristiana dei propri figli. Un padre naturale, che viva una paternità vera, profonda e perfettamente umana, cosa desidera dai propri figli se non che questi crescano in salute e in saggezza per vivere in modo pieno la loro vita. E così è per il padre spirituale. Quanto più il proprio discepolo si avvicina a Dio e vive con Lui una profonda intimità, tanto più cresce la sua gioia. Ed è questa la sua ricompensa.

      Anzi, la vita del padre spirituale è una continua lotta a vantaggio dei figli di spirito. “Io combatto per te finché tu non ti sia liberato dal vecchio uomo” (Ep. 14), dice Barsanofio all’Anziano Giovanni.

      Finché un pericolo minaccia la vita del figlio, il padre non può essere tranquillo. Si da da fare, si impegna, rischia, si espone: la vita del figlio è più importante della sua stessa vita. Così è anche per il padre spirituale. Se il pericolo di cedere al male, se la tentazione è incombente sul proprio figlio e non c’è altra via, il padre dello spirito ingaggia una lotta attraverso la preghiera e la penitenza per sostenere, nella sua tentazione, chi gli è stato affidato. E la vittoria del figlio è la vittoria del padre; anzi, è la vittoria di Dio Padre!

      Miei cari Amici e figli, non sottovalutiamo questo grande insegnamento di San Barsanofio e, per onorarlo a dovere ed avere un progresso nella nostra vita di fede, disponiamoci a scegliere il nostro padre spirituale, se ancora non lo abbiamo fatto, e a fare ricorso al suo ministero per raggiungere la vita beata.

      Permettete che ora rivolga qualche parola a coloro che saranno ammessi tra i candidati all’ordine sacro e a coloro che saranno istituiti accoliti: i nostri Seminaristi.

      Miei cari Seminaristi,

è evidente che ciò che San Barsanofio ci ha detto questa sera vale anche per voi. Fatene buona memoria.

      Mi rivolgo a voi, candidati all’ordine sacro. Ciò che vivrete fra poco non è solo un passaggio liturgico per raggiungere un vostro personale obiettivo. È la Chiesa, e in modo particolare la nostra Chiesa di Oria, che ravvisa in voi i segni della chiamata, della vocazione al Sacerdozio, e vi invita ad intraprendere un cammino di approfondimento e di formazione che vi conducano all’altare di Dio.

      E’ un atto di fiducia e di speranza da parte della Chiesa.

      La Chiesa si fida di voi e spera che questi segni di vocazione possano giungere a maturazione. Per questo vi segue con la massima attenzione.

      Ma proprio perché si fida e spera, la Chiesa vi chiede un forte impegno nel cammino di preparazione.

      Vorrei consegnarvi tre parole per vivere questo tempo di preparazione al Sacerdozio: preghiera, studio e vita comune.

      Innanzitutto è necessario pregare e pregare la Parola e con la Parola. La vostra preghiera dovrà contemplare un congruo tempo dedicato alla lectio divina, a questo contatto vitale con la Parola che permetterà di far crescere in voi i semi della vocazione, che irrobustirà la vostra fede. Ricordatevi che non è tempo perso quello dedicato alla preghiera con la Parola. Leggerla, rileggerla, scrutarla, meditarla. Arrivare ad avere in voi il pensiero di Cristo.

      E’ poi necessario studiare la Parola. Lo studio della Parola non ha solo fine didattico, ma favorisce la sedimentazione della Parola nella vostra coscienza. Insieme alla Parola il vostro studio si orienti anche alle scienze umane, che sono il necessario compendio ad una formazione integrale. E la Parola studiata deve essere vissuta. Quando sarete insigniti dell’Ordine sacro, sarete chiamati ad essere alter Christus, ad agire in persona Christi. Esercitarsi a vivere sin da oggi la Parola vi farà crescere nella personificazione sacramentale della Parola. Voi dovrete essere Vangelo incarnato! Così sarete credibili e porterete i vostri fratelli a Cristo.

      La terza parola è vita comune. Un laboratorio di comunione è il Seminario, dove potrete cominciare a sperimentare la meravigliosa vita del presbiterio: tanti talenti per un unico acquisto, il Regno di Dio.

Comprendete come è necessaria la comunità per la propria crescita nella comunione. E se è vero che non si diventa Sacerdoti da soli, è quanto mai vero che non si diventa Sacerdoti per se stessi, per la propria realizzazione, per la propria sistemazione, ma per mettersi sempre a servizio. Abbiate cura di formarvi ad uno stile di vita sobrio, ricercate sempre questo stile, a cominciare dai momenti di festa come quello odierno, perché questo non vi allontanerà da coloro che vivono nella povertà, da coloro a cui sarete mandati per portare il Vangelo.

E, infine, mi rivolgo agli istituendi Accoliti. A Voi è affidata una partecipazione del tutto particolare al ministero della Chiesa: infatti il vostro rapporto sarà con il vertice e la fonte della vita della Chiesa che è l’Eucarestia.

      Attraverso il “Sacrificio mirabile” la Chiesa si edifica e cresce come Popolo di Dio.

      La vicinanza con il Corpo Eucaristico del Signore vi deve spingere a conformare sempre di più il vostro essere e il vostro operare a Colui che si è offerto in sacrificio per la nostra salvezza. E così vi eserciterete ad offrirvi in sacrificio di soave odore, in unione con Cristo, per la crescita del Suo Corpo mistico. Scoprirete, così, quale circolazione di grazia c’è tra il Corpo eucaristico e il Corpo mistico. Comprenderete come c’è un solo amore per l’Eucarestia, per i poveri e per gli ammalati: sono lo stesso Cristo!

      Amate l’Eucarestia, bramate di cibarvi ogni giorno di questo Pane del cielo, impegnatevi nell’adorarLo quotidianamente perché possiate arrivare a dire: “E non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2, 20a).

      Mentre ringrazio i vostri formatori, vi affido alla materna protezione di Maria, Mater Vitae Novae, e a San Barsanofio perché custodiscano in voi il desiderio del dono totale a Cristo e, per Lui, ai fratelli. Amen.

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