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Omelia nell'Ordinazione Presbiterale di don Ivan Cavaliere, don Pasquale Dellomonaco, don Leonardo Dadamo e don Giuseppe Prisciano

Oria, 20 giugno 2015 - Basilica Cattedrale

La Parola che la liturgia della Chiesa ci offre in questa XII domenica del tempo ordinario, deve essere accolta da tutti con grande attenzione e profonda gratitudine, perché, ancora una volta, il Signore si degna di parlare alla nostra vita per indicarci la via della salvezza sulla quale ciascuno deve incamminarsi. Ma in particolare Voi, cari Ordinandi, dovete porre la più grande attenzione a questa Parola, poiché è un grande dono che vi viene offerto per tracciare le linee fondamentali della vita sacerdotale, nella quale la Chiesa, riconoscendo in voi i segni della divina chiamata, vi ammette. E con Sant’Agostino vi dico:

Per grazia di Dio vi rivolgo la parola sul passo del santo Vangelo letto poco fa e in nome di lui vi esorto a far sì che nei vostri cuori non si assopisca la fede con cui resistere alle tempeste e ai marosi di questo mondo […]se Cristo è desto, è desta anche la vostra fede”. (Disc. 63, 1).

         Allora, con un atto di fede viva e desta, accogliete la prima parola che Gesù vi rivolge questa sera; è un invito ed un comando: “Passiamo all’altra riva” (Mc 4, 35). Cari Ordinandi, il Signore vi chiede, direi meglio vi invita e vi ordina a lasciare la condizione in cui vi trovate per passare ad altra condizione, quella del servizio totale per il Popolo di Dio. Desidero ricordarvi che non diventate Sacerdoti per la vostra personale realizzazione, per seguire un percorso da voi pensato e progettato, ma per spendere le vostre migliori energie per annunciare il Regno di Dio. Sappiate che il Signore vi chiede, “venuta la sera” (Mc 4, 35), non di porvi a riposo ma di intraprendere un nuovo percorso, di passare alla riva che solo Lui può indicare. Sembrerebbe quasi che il Signore sia insensibile alla fatica dei suoi discepoli. In realtà l’annuncio del Vangelo chiede sempre di passare ad un’altra riva, di spingersi verso un’altra sponda: infatti, il Vangelo ci invita sempre a passare da una vita mediocre ad una vita beata, da una vita tiepida ad una vita intensa, da una vita sregolata ad una vita ordinata. E non si può aspettare per mettersi in cammino, non si può attendere il giorno successivo, bisogna partire la notte stessa, perché adesso il Signore vi chiama.

Cari Ordinandi, imparate dai discepoli del Signore a rispondere prontamente, a prendere con voi Gesù e a mettervi in cammino. Imparate ad affrontare la notte e la navigazione durante la notte. Desidero ribadirlo: Gesù non vi promette una vita tranquilla e comoda, non vi offre un paio di pantofole e una poltrona, ma un paio di remi e la sua presenza. Gesù vi offre una meta che non è facilmente visibile: l’altra riva, di notte, non si vede! Miei cari, dovete fidarvi del Signore e dei modi con cui Egli ha stabilito di parlarvi. Non potete calcolare il tragitto perché non avete punti di riferimento certi, ma vi è offerta solo la Parola di Gesù e la fiducia in Lui. Questi dovranno essere gli unici riferimenti certi della vostra vita sacerdotale. Dovrete avere volontà ferma, braccia allenate alla fatica, senso di orientamento nelle vie del Vangelo. Dovrete quotidianamente dire: “Sulla tua Parola” (Lc 5, 5) e mettervi immediatamente in movimento. Dovrete essere uomini, sacerdoti che si fidano totalmente del Signore per sfidare la notte del mondo. Solo nella fede in Lui c’è garanzia di successo! Dovrete essere uomini di fede!

È la prima cosa che il Popolo santo di Dio ci chiede: se siamo credenti, se ci fidiamo del Signore, se affidiamo veramente la nostra vita nelle Sue mani, se confidiamo nella Sua presenza nascosta ma operante. Può succedere, miei cari, che, benché chiamati a trattare i misteri di Dio, agiate senza fede. Questo può succedere, anzi succede più spesso di quanto possiamo immaginare! Succede che un sacerdote viva la propria missione senza fede, senza fiducia, senza affidamento, come un professionista, esperto di cose sacre, ma distaccato da ciò che è e deve essere la sua vita! Il segno evidente di questa terribile ma possibile situazione è lo scarso coinvolgimento della vostra esistenza e il poco interesse allo sviluppo integrale dei fratelli e delle sorelle che attraversano la vostra vita. Papa Francesco ci mette in guardia da questo rischio: “Questa mondanità… È una presunta sicurezza dottrinale o disciplinare che dà luogo ad un elitarismo narcisista e autoritario, dove invece di evangelizzare si analizzano e si classificano gli altri, e invece di facilitare l’accesso alla grazia si consumano le energie nel controllare. In entrambi i casi, né Gesù Cristo né gli altri interessano veramente” (EG, 94).

Uomini di fede! Sacerdoti di fede! E Sacerdoti fedeli! Miei cari siate sempre ““viandanti della fede”, felici di portare Gesù in ogni strada, in ogni piazza, in ogni angolo della terra!” (cfr. EG, 106).

Vi esorto a non diventare “topi” di sacrestia ma “giullari” del Vangelo nelle piazze e nei luoghi in cui vive l’uomo di oggi. E “venuta la sera” uscite senza paura per traghettare i vostri fratelli e sorelle “all’altra riva”, quella del Vangelo. È Gesù che questa sera ve lo chiede! E la Sua richiesta è per tutta la vostra vita!

La seconda Parola che il Vangelo vi offre è un po’ inquietante: “Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena” (Mc 4, 37). Ecco subito indicato lo scenario nel quale il Signore vi chiede di vivere e di agire: un mare in tempesta con vento e onde nella barca!

Cari Ordinandi, l’immagine allegorica del Vangelo vi dice che la vita sacerdotale, che tra poco la sarà la vostra, non è esente da ciò che contrasta la sua propria missione! Bisogna sapere che incontrerete difficoltà, contrarietà, sopraffazioni. E questo potrebbe portarvi allo scoraggiamento, alla sfiducia e, qualche volta, anche alla disperazione. Qual è il rimedio sicuro per non lasciarvi sopraffare, per non cedere? Il Vangelo di questa domenica ce ne offre due: la vicinanza degli altri discepoli e la presenza di Gesù!

Entrerete a far parte del Presbiterio diocesano, di questo meraviglioso Presbiterio, non esente da stanchezze e lentezze, come i discepoli sulla barca, ma luogo privilegiato e sempre nuovo dell’effusione perenne dello Spirito, realtà in cui stabilmente è presente il fuoco della Pentecoste. Il sostegno, l’esperienza e la testimonianza di ogni altro Sacerdote vi incoraggeranno nelle difficoltà, vi sosterranno nei momenti di calo di tensione. Ricorrete a loro con fiducia per chiedere la Parola del Vangelo, la testimonianza della fraternità, l’attaccamento alla Croce. Ricorrete a loro per chiedere il sostegno della preghiera e la consolazione dei sacramenti. Ecco, questa è la grandezza e la forza del Presbiterio: la consapevolezza di essere tutti discepoli e tutti testimoni del Risorto!

E poi c’è il rimedio della presenza di Gesù. Ci esorta Sant’Agostino: “Se hai sentito un insulto, è come il vento; se sei adirato, ecco la tempesta. Se quindi soffia il vento e sorge la tempesta, corre pericolo la nave, corre pericolo il tuo cuore ed è agitato. All'udire l'insulto tu desideri vendicarti: ed ecco ti sei vendicato e, godendo del male altrui, hai fatto naufragio. E perché? Perché in te dorme Cristo. Che vuol dire: "In te dorme Cristo"? Ti sei dimenticato di Cristo. Risveglia dunque Cristo, ricordati di Cristo, sia desto in te Cristo: considera lui. Che cosa volevi? Volevi vendicarti. Ti eri dimenticato ch'egli, essendo crocifisso, disse: Padre, perdona loro perché non sanno che cosa fanno ? Egli che dormiva nel tuo cuore non volle vendicarsi. Sveglialo, ricordalo. Il ricordo di lui è la sua parola; il ricordo di lui è il suo comando. Se in te è desto Cristo, tu dirai tra te stesso: "Che razza d'uomo sono io, che mi voglio vendicare? Chi sono io, che mi permetto di far minacce contro un uomo?” (Discorso 63, 2).

Comprendete, miei cari, quanto sia importante avere una grande confidenza con il Signore Gesù, una confidenza che si costruisce giorno per giorno, nella preghiera personale di fronte all’Eucarestia che mai deve mancare, nella preghiera liturgica del breviario, nella preghiera con e per il Popolo di Dio, nel santo Rosario. Ma anche nel ministero pastorale. Ricordatevi sempre che in ogni azione liturgica voi agirete sempre “in persona Christi”, voi sarete “alter Chritus”. Questa consapevolezza e questa vicinanza, insieme ad un profondo senso di umiltà, vi aiuteranno ad affrontare il vento e le onde della vita sacerdotale.

La terza Parola che Gesù vi rivolge è alquanto stimolante: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?” (Mc 4, 40). Desidero invitarvi a fare un’introspezione di voi stessi per conoscere quali sono le paure che vi portate dentro. Tutti noi abbiamo delle paure ed è necessario conoscerle per affrontarle e, possibilmente, vincerle. D’altra parte Gesù ci offre anche il rimedio alla paura: la fede in Lui!

Quali sono, dunque, le paure del Sacerdote?

Credo che una prima paura sia un’esagerata preoccupazione per se stessi, per gli spazi personali di autonomia, per le costanti possibilità di distensione. Questa preoccupazione, quando è costantemente ricercata, porta all’individualismo, e col passare del tempo e delle esperienze si arriva ad una crisi di identità ed al calo di fervore sacerdotale (cfr. EG, 78). Come si può vincere questa paura? Con uno slancio missionario che deve rinnovarsi continuamente. E in questo slancio, ciò che importa non sono io con le mie esigenze, ma Dio e gli altri verso cui siamo debitori del Vangelo. E i debiti si pagano!

Una seconda paura credo che sia quella della considerazione! Cosa pensa di me il Vescovo, cosa pensano di me i miei Confratelli, cosa pensano di me i miei Fedeli, in particolare quello o quell’altra! Questa paura nasce dal fatto che il nostro sguardo è troppo incentrato su noi stessi e sugli altri e poco su Gesù. D’altra parte anche gli Apostoli hanno vissuto questa paura. Dobbiamo imparare a guardarci e a guardare gli altri con gli occhi di Dio, come vede Dio! Scopriremo che “le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove” (2Cor 5, 17).

C’è poi la paura dell’insuccesso. “Ce la farò, non ce la farò. Questo impegno è troppo grande per me! È meglio lasciar perdere… Eccellenza non mi mandi in quella Parrocchia, non mi faccia stare con quel Parroco…”, sono a volte i pensieri che potrebbero invadere la vostra mente, miei cari. Papa Francesco ci offre una soluzione a questa paura: “Nessuno può intraprendere una battaglia se in anticipo non confida pienamente nel trionfo. Chi comincia senza fiducia ha perso in anticipo metà della battaglia e sotterra i propri talenti. Anche se con la dolorosa consapevolezza delle proprie fragilità, bisogna andare avanti senza darsi per vinti, e ricordare quello che disse il Signore a san Paolo: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza» (2 Cor 12,9). Il trionfo cristiano è sempre una croce, ma una croce che al tempo stesso è vessillo di vittoria, che si porta con una tenerezza combattiva contro gli assalti del male” (EG, 85).

Ci sono anche tante altre paure che attanagliano la vita del Sacerdote, paure comuni a tutti: la malattia, la sofferenza, i problemi economici della Parrocchia, la morte…

La risposta di Gesù su tutte le nostre paure è estremamente chiara e semplice: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”.

La consapevolezza delle vostre paure e, soprattutto, del rimedio per vincerle vi apra ad una misericordia senza misura per tutti coloro che attraverseranno la vostra strada ministeriale. Largheggiate sempre nella grazia di Dio, perché “eterna è la sua misericordia!” (Sal 136). Siete chiamati a vivere all’inizio del vostro ministero sacerdotale l’esperienza giubilare della misericordia: lasciatevi plasmare da questa primaria e fondamentale caratteristica di Dio! Siate sempre Sacerdoti di misericordia!

Nell’invocazione corale di questa sera chiediamo per voi l’aumento della fede perché non abbiate più paura e sappiate lanciarvi nel mondo con l’entusiasmo e la gioia di chi possiede un grande tesoro e desidera condividerlo con gli altri.

Con questi sentimenti ci disponiamo ad invocare lo Spirito Creatore e ad accogliervi nell’Ordine Sacro del Presbiterato.

         Ringrazio tutti coloro che hanno curato la vostra formazione, i vostri Genitori e le vostre famiglie, i Parroci e i Sacerdoti delle Parrocchie di origine e di ministero, i Superiori del Seminario Regionale, mentre chiedo a coloro a cui siete stati inviati per svolgere il vostro ministero, di aiutarvi con la preghiera e con l’esempio a custodire la vostra vocazione. Veglino su di voi Maria Ss.ma, Madre dei Sacerdoti, San Barsanofio e i Ss. Medici. Amen.

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